Lessi il libro quando avevo diciotto anni e la prima cosa che pensai fu: “Non vedo l’ora che ne traggano un film”». C’era una volta (bello cominciare così) un regista neozelandese che, già in giovane età, aveva avuto modo di apprezzare il romanzo Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien, dopo aver guardato la versione animata del 1978 di Ralph Bakshi. Il film conquistò la sua fantasia al punto da spingerlo a leggere parti del romanzo quando, raggiunta la maggiore età, fece un viaggio di dodici ore da Wellington ad Auckland.

Questo giovane creativo, grande cultore di cinema fantastico e pop (i suoi primi film e cortometraggi erano un omaggio al weird e all’horror più sfrenati) si chiamava Peter Jackson. Rievocare la storia della trilogia che trasse dall’opera tolkeniana (2001-2003), è come ripercorrere il cammino di uno straordinario miracolo produttivo e, al netto del pur consistente impiego di straordinari effetti speciali in cgi, dell’ultima grande saga epica e “classica” della storia del cinema mondiale.

Una partenza difficile

La storia della sua genesi è a sua volta un mosaico di aneddoti e conflitti: conflitti come quello tra chi, il regista e il suo staff, era devotamente proteso verso la realizzazione audiovisiva dell’opus magnum del “Demiurgo di Bloemfontein”, e chi non credeva fino in fondo al progetto. A partire da Harvey Weinstein, uno dei produttori all’epoca più famosi ed influenti di Hollywood, che con la sua Miramax aveva i diritti per portare sul grande schermo il romanzo, ma pretendeva che Peter Jackson condensasse il tutto in un unico film (secondo altre fonti due) o lo avrebbe sostituito con qualcun altro. Jackson chiese allora di poter trovare un’altra casa di produzione disponibile a realizzare l’intera trilogia. Weinstein diede il via libera a condizione che riuscisse a individuarla in una sola settimana, o avrebbe bloccato tutto. Incredibilmente la New Line Cinema decise di investire nell’idea di Jackson e il primo miracolo ebbe luogo.

Il secondo miracolo fu la lavorazione vera e propria, che richiese anni di pianificazione, preparazione e produzione. Jackson iniziò a lavorare sulla trilogia nel 1997, un anno prima dell’inizio effettivo delle riprese. Un’impresa che coinvolse, sugli incredibili set della Nuova Zelanda, un team di migliaia di persone tra attori, tecnici, artisti, costumisti, truccatori, febbrilmente impegnato nella costruzione di un universo straordinario di scenografie, costumi e creature fantastiche.

Jackson seppe introdurre l’uso di tecniche innovative per realizzare gli effetti speciali, come la motion capture, che consentì la creazione di creature digitali come Gollum e “la prospettiva forzata”, per dare l’illusione di personaggi di dimensioni diverse.

La produzione dei tre film si svolse contemporaneamente, con un budget complessivo di oltre 300 milioni di dollari. La trilogia fu girata in sequenza, con riprese che si protrassero per un totale di oltre duecentosettantaquattro giorni. La post-produzione richiese ulteriori anni di lavoro, con la creazione dei complessi effetti speciali e la colonna sonora composta da Howard Shore.

Un cast stellare

Un discorso poi a parte meriterebbe l’eccellente cast degli interpreti, una vera e autentica accademia di talenti, completamente dediti alla missione di rendere iconici i personaggi dei romanzi di Tolkien. Come in un album di magnifici ricordi, ciascuno di essi contribuì alla chiusura del cerchio con almeno una scena iconica, stampata nella mente di chi scrive, ma anche in quella di milioni di spettatori in tutto il mondo.

Ed ecco il Frodo Baggins di Elijah Wood, il piccolo hobbit incaricato di distruggere l’Anello del Potere affidatogli dallo zio Bilbo – un non meno indimenticabile Ian Holm – perennemente “tormentato” dal peso di una inconcepibile responsabilità. Spaventato e attirato al tempo stesso da una fonte di potere e conoscenza assolute. Un buio che attira e divora la volontà, trasformando in ombra colui che lo abbraccia. Un richiamo a cui solo l’amico fidato Samwise “Sam” Gamgee (Sean Astin), riesce in qualche modo a sottrarlo.

Ma questo è nulla, se paragonato al Gandalf di Ian McKellen, potente mago che guida Frodo nella sua missione, che ama sorprendere i bambini hobbit coi suoi fuochi d’artificio. Come dimenticare la battaglia magica del primo capitolo contro Saruman il Bianco (Christopher Lee), corrotto dal richiamo del Signore Oscuro Sauron, e quella contro il Balrog, a cui impedisce il passaggio sul Ponte di Khazad-Dum? E come scordare il “non è questo il giorno!” del terzo capitolo della saga, pronunciato dall’Aragorn di Viggo Mortensen, erede di Isildur e legittimo re di Gondor, mentre si prepara coi suoi ad affrontare le armate di Mordor, in quella che crede essere l’ultima battaglia senza speranza?

E quanto ci rimane dei simpatici duetti tra l’elfo arciere Legolas, interpretato da Orlando Bloom, col burbero ma coraggioso nano Gimli (John Rhys-Davies)? E della tragica fine del guerriero di Gondor, Boromir (Sean Bean), che tenta di strappare l’anello a Frodo ma muore eroicamente, trafitto dalle frecce degli Orchi e degli Uruk-hai di Saruman, per difendere lo hobbit e i suoi amici?

E quale mosaico di parole e immagini folgoranti è composto dai cosiddetti “personaggi secondari”, a partire dalla Galadriel di Cate Blanchett o dalla coraggiosa Arwen di Liv Tyler, giusto per citare due delle più belle figure femminili presenti nella trilogia? E, dulcis in fundo, ecco “il mio tesssoro” di Andy Serkis/Gollum, deforme nel corpo come nell’anima, la cui presenza, tuttavia, giocherà un ruolo fondamentale, nella scena sul Monte Fato, per la salvezza della Terra di Mezzo.

Ecco, scrivere questo articolo è un po’ ripercorrere una sterminata galleria di scene struggenti, epiche, esaltanti e ricordare che qualcuno è stato capace di portare sul Grande Schermo un mondo incredibile, in una perfetta congiunzione di bellezza e magia forse non più replicabile al giorno d’oggi.

Un autentico traguardo nella storia della cultura pop, anche osservando i premi vinti: quattro Oscar 2002 su tredici candidature e il premio Bafta al miglior film del 2002 per La Compagnia dell’Anello. Due Oscar 2003, su sei candidature, per Le Due Torri. Il Ritorno del Re conquisterà addirittura ogni Oscar a cui era stato candidato, primato mai raggiunto prima, eguagliando, con undici Oscar, il numero totale di statuette di Ben-Hur e Titanic, massimo di premi vinti da un unico film nella storia dell’Academy Award. Inoltre, vincerà quattro Golden Globe, come “Miglior film drammatico”, “Miglior regia”, “Miglior canzone” e “Migliore colonna sonora originale”, ed il premio Bafta al miglior film del 2004. «Tutto ciò che puoi fare come cineasta, regista o produttore, è lavorare sui film che vuoi vedere». Così parlò Peter Jackson.

 

1 J.R.R. Tolkien, The Letters of J. R. R. Tolkien, George Allen & Unwin, London 1981; traduzione italiana di Lorenzo Gammarelli, Lettere 1914/1973, Bompiani, Milano 2018. È stata annunciata per il 9 novembre 2023 una nuova pubblicazione con centocinquanta lettere in più.

2 L’epistolario è ricco e sfaccettato con lettere affettuose e meno professionali in base ai diversi destinatari.

3 Ivi, let. 9, pp. 25-27.

4 Ivi, let. 334, p. 663.

5 Ivi, let. 11, p. 29.

6 Mr Bliss è un signore raffinato e particolare, ed è il proprietario di un Giraniglio, strano animale a metà tra il coniglio e la giraffa, che tiene in giardino. Un giorno decide di acquistare un’automobile e farci un giro.

7 In Italia giunse, nella sua forma completa, nel 1984 per Rusconi. Fu ristampato più volte. L’ultima è di Bompiani 2022.

8 Cfr. J.R.R. Tolkien, Lettere 1914/1973, cit., let. 12, p. 29.

9 Ivi, let, 13, p.31.

10 Ibidem

11 Ivi, let. 15, p. 35.

12 Ivi, let. 20, p. 46.

13 Ivi, let. 26, p. 57.

14 Ivi, let. 105, p. 190.

15 Ivi, let. 109, p. 194.

16 Cfr. ivi, let. 136, let. 137, let. 139, let. 140, let. 141, let. 143, let. 150.

17 Ivi, let. 188, p. 395.

18 Ivi, let. 190, p. 396-399.

19 Cfr. ivi, let. 334, p. 663.

20 Ivi, let. 43, p. 84.

21 Intervista contenuta nel Disco 2 contenuti speciali del dvd Il Signore degli Anelli – La Compagnia dell’Anello, (“Benvenuti nella Terra di Mezzo” – Speciale di Houghton Mifflin).

22 Pellicola assai suggestiva realizzata da un maestro dell’animazione Usa che riassume solo le vicende del primo romanzo, La Compagnia dell’Anello, e della metà del secondo, Le due Torri, poiché in origine doveva essere la prima parte di un’opera divisa in due parti. La seconda purtroppo non fu mai realizzata.

23 Tra i film firmati da Jackson prima dell’ingresso ufficiale nel mondo di Tolkien: Fuori di Testa (Bad Taste, 1987), Splatters: gli Schizzacervelli (Braindead, 1992), Creature del Cielo (Heavenly Creatures, 1994).

24 Il motion capture (“cattura del movimento”), è il processo di registrazione del movimento del corpo umano o di oggetti, utilizzato in campo nell’intrattenimento, ma non solo. Quando l’acquisizione coinvolge viso, mimica facciale, dita e altri movimenti più raffinati, si parla di performance capture. Il tutto avviene tramite un sistema di più telecamere che sono emettitrici di luce e di marcatori (piccole sfere) di materiale riflettente. Questa tecnica è stata usata nella trilogia di Peter Jackson per riprodurre movimenti realistici come quelli del deforme Gollum. L’attore Andy Serkis indossava un vestito ricoperto da questi marcatori. I computer creavano un’immagine stilizzata dell’attore, riproducendo digitalmente i suoi movimenti, che venivano “catturati” attraverso decine di telecamere attorno a lui, le quali mandavano le coordinate dei marcatori ai computer creando così un’immagine virtuale che riproducesse i movimenti dell’attore.

25 Tecnica in realtà di lungo corso, che si avvale della illusione ottica per far apparire un oggetto più lontano, più vicino, più o meno grande di quanto non sia in realtà. Si ottiene con la manipolazione della percezione visiva umana attraverso l’uso di oggetti in scala e la correlazione tra essi e il punto di vista dello spettatore o la cinepresa.

26 Nell’ordine: Il Signore degli AnelliLa Compagnia dell’Anello (2001), Il Signore degli AnelliLe Due Torri (2002) e Il Signore degli AnelliIl Ritorno del Re (2003).

27 Frase estratta da L’Ecran Fantastic, Peter Jackson, un génie au travail – Interview pour Mortal Engines, Cineteleandco.fr, dicembre 2018.