La cosiddetta questione migratoria ha assunto negli ultimi anni un peso sempre più preponderante: è uno tra i temi scottanti della nostra attualità, un problema sociale, demografico e, soprattutto, umanitario; oltre che essere terreno di scontro per le varie fazioni politiche che, se da una parte sembrano non affrontare l’argomento, fatta eccezione per qualche effimera esplosione di solidarietà, dall’altra inneggiano alla “paura dell’uomo nero”: come scrisse Eric Hobsbawm «quando vien meno la società, salta fuori il nazionalismo come estrema garanzia». Il tutto però non fa che acuire la divisione tra “noi” e “loro”: il mondo pulito, sano e accessibile, contro il mondo residuale degli altri, quelli sporchi, lontani da noi.

Con questo Speciale, Studi cattolici ha voluto prendere parte al dibattito collettivo e globale, cercando di restituire al lettore uno spaccato che mette insieme più voci, ognuna per la propria area di competenza, sempre sottolineando la complessità della questione.

Con uno sguardo principalmente rivolto all’Italia e all’Europa, i docenti, i giornalisti e gli operatori sociali intervenuti in queste pagine si sono soffermati sul raccontare la realtà, formulare ipotesi e prendere parte al dibattito, senza mai presumere di offrire soluzione certa. In apertura Francesco Ognibene commenta il Messaggio del Papa dato l’occasione della 109ma Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato, mentre Massimo D’Angelo offre una riflessione di ampio respiro sulla questione. Il quaderno prosegue poi con contributi che analizzano le cause, economiche e politiche, i principali provvedimenti presi o ipotizzati, le misure di accoglienza e la narrazione della migrazione: l’obiettivo è di lasciare la questione aperta, mettendo in luce solo alcuni elementi, forse i principali, di cui il tema si compone.

Il quaderno è stato curato da Pier Giovanni Palla, da Roberto Rapaccini e da me, che ho condotto le interviste. Tutti coloro che hanno preso parte alla realizzazione del quaderno si sono mostrati fin da subito disponibili e solidali, sintomo di un’esigenza di raccontare e di un desiderio di fare sempre di più.

Riprendendo le parole di Zygmunt Bauman, «la sola via d’uscita dai disagi di oggi e dalle disgrazie di domani passa per il rifiuto delle insidiose tentazioni di separazione; anziché voltarsi dall’altra parte davanti alla realtà delle sfide di oggi – che si condensano nel concetto “un solo pianeta, una sola umanità”, anziché lavarsi le mani e alzare barriere contro le irritanti differenze e dissomiglianze e le estraniazioni autoimposte, dobbiamo andare in cerca di occasioni di incontro ravvicinato e di contatto sempre più approfondito, sperando di arrivare in tal modo a una fusione di orizzonti anziché a una loro fissione indotta e artefatta ma sempre più esasperata» (in Stranieri alle porte, Laterza 2016). Il miglior sguardo possibile di fronte alla tragedia che si va consumando da anni sotto i nostri occhi è il rispetto, il rivedersi nei volti di queste persone che rivendicano il diritto di esistere. Il riconoscersi uomini come loro. Con il presente contributo non possiamo fare altro che rivolgere un invito a ripensare il modo attuale di essere nazione, guardando alla multietnicità e al multiculturalismo come a una risorsa.

Nel 2013 le strade di Marsiglia si sono popolate delle dieci statue di bronzo dell’artista francese Bruno Catalano: Les Voyageurs (I viaggiatori), donne e uomini a cui lo scultore ha rimosso gran parte del corpo, viandanti che portano un unico pesante bagaglio. Sono esseri incompleti, sbarcati privi di una parte di sé, con la paura negli occhi e il futuro nella mente, stretta nella mano quella valigia gonfia di passato: ricordi, nostalgia, peso della vita; ma anche, forse, di futuro: speranze e desiderio di viaggiare, di vivere.

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