25 settembre 2022. I sondaggisti avevano visto giusto, le previsioni sono state rispettate: con il Parlamento dimagrito a 400 deputati e 200 senatori, il centrodestra ha eletto 237 deputati e 115 senatori; il centrosinistra si è fermato a 85 deputati e 44 senatori; il Movimento 5 stelle (Giuseppe Conte) ha avuto 52 deputati e 28 senatori; Azione e Italia viva (Carlo Calenda e Matteo Renzi) 21 deputati e 9 senatori.

All’interno delle coalizioni, Fratelli d’Italia è il primo partito del centrodestra e di tutto il Parlamento, con 119 deputati e 66 senatori, seguito dalla Lega con 67 e 29, Forza Italia (44 e 18), Noi moderati (Maurizio Lupi e Giovanni Toti) 7 deputati e un solo senatore.

Nel centrosinistra, il Partito democratico (Enrico Letta dimissionario) ha eletto 69 parlamentari alla Camera e 40 al Senato; Sinistra italiana-Verdi (Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni) 12 e 4. Impegno civico di Luigi Di Maio (che non è stato eletto) ha portato alla Camera soltanto l’inossidabile Bruno Tabacci (sette legislature).

Questi sono i dati ufficiali del ministero degli Interni al momento in cui scriviamo; non si escludono ritocchi data l’alchemica insensatezza della legge elettorale con cui siamo andati a votare (sistema misto maggioritario e quote proporzionali) che non riflette in maniera proporzionale le scelte degli elettori: comunque i giochi sono fatti e non ci saranno terremoti.

Ci vorrà un po’ di tempo prima di disporre degli elementi che consentano un ragionamento plausibile: a metà ottobre ci sarà l’insediamento delle nuove Camere con l’elezione dei rispettivi presidenti; poi il Presidente della Repubblica inizierà le consultazioni per il nuovo governo e probabilmente si arriverà a fine ottobre o addirittura ai primi di novembre per conoscere la squadra e il programma del governo.

Al momento, possiamo dire che il partito di Giorgia Meloni è in linea con i criteri di fondo della Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica (2002) che richiamavamo nell’editoriale di settembre in materia di diritto alla vita dal concepimento alla sua naturale conclusione, e di promozione della famiglia. Non è tutto, ma è una base imprescindibile. Con la forte maggioranza parlamentare che il governo di centrodestra si ritroverà, speriamo che non si dedichi solo a garantire i “diritti” di infime minoranze, ma costruisca con tutte le risorse della democrazia una società che non penalizzi la maggioranza dei cittadini che seguono, anche implicitamente, la legge naturale che è pur sempre iscritta nella mente e nel cuore di uomini e donne.

Dunque, le urne hanno premiato Fratelli d’Italia che era all’opposizione del governo Draghi. Nonostante il generale apprezzamento, anche internazionale, per l’ex presidente della Banca centrale europea, il suo governo è caduto. Significa forse che in democrazia nessuno è indispensabile, nemmeno Mario Draghi? Comunque, se come si sussurra, dopo la formazione del nuovo governo il presidente Sergio Mattarella si dimettesse, si aprirebbe la strada per il subentro di Mario Draghi alla presidenza della Repubblica, e tutti saremmo più tranquilli anche di fronte alla comunità internazionale.

Rimane la questione della forte percentuale di astensioni. Si pensava che, data l’importanza della posta in gioco, i cittadini si sarebbero precipitati alle urne; invece, il 25 settembre ha votato soltanto il 63,9% degli aventi diritto, la percentuale più bassa di sempre. Con un pizzico di cinismo si potrebbe dire che chi si chiama fuori non votando delega a chi ha votato la costruzione di una società con le sue istituzioni e le sue leggi che anche l’astenuto dovrà comunque osservare, e non sembra una scelta molto intelligente. Con rispetto, però, dobbiamo notare che l’offerta politica dei partiti – che stentano a conservare i propri elettori – non sembra adatta ad attirare nuovi consensi. Anche la “novità” Calenda-Renzi, immemore del proverbio “Con acqua e chiacchiere non si fan frittelle”, ha mostrato di non possedere un irresistibile appeal. Ma qui entriamo in questioni di sistema sulle quali non da oggi stiamo ragionando su questa rivista, e ne avremo per chissà quanto tempo. Per ora, dunque, auguri a Giorgia Meloni e al governo che verrà.