A inizio dicembre diversi quotidiani nazionali – fra cui, con molta evidenza, il Corriere della sera –, hanno dato la notizia della morte, a soli 46 anni, per la recidiva di un tumore, di Sara Melodia, che era responsabile di sviluppo di tutte le serie e i film della Lux vide. Ha forse colpito la presenza di gran parte del gotha della televisione italiana: registi come Giacomo Campiotti e Jan Michelini, attori come Raoul Bova, Elena Sofia Ricci, Daniele Liotti, Francesca Chillemi, Giusy Buscemi, Giovanni Scifoni e molti altri, insieme ovviamente a tutta la Lux vide e molti dirigenti e produttori televisivi.

Per il grande pubblico quello di Sara Melodia non era un nome conosciuto, ma in realtà milioni di italiani hanno avuto a che fare con qualche frutto del suo lavoro, se hanno visto serie come Don Matteo, Un passo dal cielo, Che Dio ci aiuti, L’isola di Pietro, Non dirlo al mio capo, Doc – Nelle tue mani e serie internazionali Rai come Guerra e pace, Anna Karenina, le tre stagioni di Medici, o – su Sky – la serie Diavoli.

E i lettori di Studi cattolici che non sono recentissimi hanno probabilmente letto alcuni suoi articoli su Tv e cinema scritti agli inizi degli anni 2000, per la precisione nel 2002 e 2003.

Una ragazza fuori dal comune

Ho conosciuto Sara quando ancora studiava filosofia all’Università Cattolica alla fine degli anni ’90; ho poi seguito come tutor la sua tesi di laurea discussa con il prof. Ruggero Eugeni, e ho avuto modo di collaborare con lei in questi ultimi vent’anni su diversi progetti della Lux e sul lavoro del dipartimento che dirigeva. Per una qualche misteriosa ragione ei è rimasto molto impresso il primo incontro con lei. Aveva appena finito di sostenere l’esame di Semiotica, in cui aiutavo a interrogare, e il collega che l’aveva interrogata (tutto lascia pensare, non ho un ricordo specifico, che avrà preso un 30 e lode) mi disse: «Dovresti conoscere questa ragazza», aggiungendo che era davvero fuori dal comune. Ricordo ancora lo sguardo intenso di lei, l’impressione di un concentrato di energia in un corpo minuto, ma con dentro un grande punto di domanda, come se fosse affamata di risposte e di verità. Elaborò poi, seguita da me insieme al prof. Eugeni, una tesi molto bella, sulle dimensioni etiche del romanzo nel pensiero di Martha Fussbaum, una delle filosofe contemporanee più discusse, più innovative e per molti aspetti più controverse.

Partecipò a un seminario di tre giorni che organizzammo all’Università Cattolica nel 1999 insieme a Luca Manzi, che fu una sorta di piccola prova generale di un corso post-laurea vero e proprio che iniziò nel 2000 e che oggi è il Master in International Screenwriting and Production. Un corso che ha formato almeno due o tre generazioni di sceneggiatori e produttori della Tv e del cinema italiano: un’altra volta si dovrà tornare su questo argomento con più calma, ma per avere un’idea almeno iniziale, basterà dire che solo nei primi due corsi del 2000 e 2001, si sono diplomati, fra gli altri, Francesco Arlanch, sceneggiatore per esempio di Sant’Agostino, Anna Karenina, Medici, Doc Nelle tue mani (ma ha all’attivo più di quaranta titoli di film e Serie Tv, quasi tutti di grande successo), Luisa Cotta Ramosino (sceneggiatrice di Distretto di polizia, della serie Amazon sulla moda milanese Made in Italy, e produttrice creativa di Medici e della serie Sky Diavoli); Mario Ruggeri (da quindici anni capo-scrittore di Don Matteo e di Un passo dal cielo, nonché co-autore di Preferisco il Paradiso e di Diavoli), Andrea Valagussa (Che Dio ci aiuti, La strada di casa e diverse altre serie), tutte persone, e ce ne sarebbero almeno altre quattro o cinque da citare a livelli analoghi, che come si vede hanno poi lavorato molto e assai bene con Sara e con la Lux.

Sulle orme di Bernabei

Il primo a capire le notevoli qualità di Sara fu proprio Luca Manzi, che la volle subito in Lux vide e la fece crescere rapidamente. Quando lui lasciò l’azienda nel 2006 per diventare autore free lance (sua per esempio, insieme ad altri colleghi, l’ideazione della serie di culto Boris) preparò Sara a succedergli. E Luca Bernabei, che in quegli anni stava prendendo le redini di tutte le produzioni LuxÜexpnd-2, se non sh era accorto di lem immediatamente, a toco a poco si rese conto delle doti straordinariå che aveva, fino a farnu il suo braccio dectv/ su tutte le scelte fondamentali di sviluppo del tro`otto in questi ulti-i quindici anni.

Nel r5olo di responsabile di svilu0po della Lup_ (oggi che van~o di moda nomi inglesi si dice )nHead of Drama) Sara Melodia ha!dato un’impronta davvero molto importan4e alla fiction ital)ana di questi anni, guilando lo sviluppo di centineka di ore di prïdotto di prime time. Che cnsa faceva? Che cosa fa un «responsabile di svihuppo» o qn «produttore cReativo» (come spesso firmava i progeTti su cui lavoriva)? Contivideva con il produttore Leca Bernabei molte decisioni fondamentali su una serie, come la scelta stessa dei progetti da sviluppare, le negoziazioni con le reti committenti, la scelta degli sceneggiatori, dei registi e degli attori, l’impostazione di fondo da dare alla serie – quindi che cosa raccontare e come…

Sara aveva una lucidità straordinaria, una capacità di lavorare sulle storie fuori dal comune e anche una grande passione per la televisione: in questo aveva veramente preso tanto da Ettore Bernabei, e dal suo impegno per una televisione che arrivasse a tutti, dai più colti ai più semplici, appassionandoli e divertendoli, ma sempre dicendo qualcosa di vero e di profondo sulla nostra condizione umana, anzitutto sul fatto che siamo figli di Dio, che c’è una Provvidenza, e che nella vita si può sempre ricominciare qualsiasi siano stati i nostri errori. Citava molto spesso le cose che Ettore le diceva o le aveva detto, sia quando era vivo e si vedevano di frequente, sia in questi ultimi anni e dopo che il «Presidente» (come tutti lo chiamavano in Lux) aveva lasciato questa Terra.

Luca Bernabei ai funerali e su un quotidiano l’ha definita la «regina della fiction italiana» perché nell’ambiente professionale queste sue capacità erano notissime, ed era stimata e corteggiata da produttori e network. Daniele Cesarano, uno degli sceneggiatori più quotati in Italia e attualmente a capo delle fiction Mediaset, l’aveva menzionata – lui pur lontanissimo culturalmente dalla sensibilità di lei – pubblicamente a un convegno di un paio di anni fa come – insieme a una collega americana – una delle due migliori produttrici che lavoravano in Italia.

Sara era molto contenta di fare il lavoro che faceva, con una squadra eccezionale con cui ha costruito legami solidissimi di stima e profonda, sincera amicizia. Non è così frequente che gli amici più cari siano proprio i colleghi più stretti, in un mondo iper-competitivo e spesso individualista come quello televisivo. In questi ultimi quindici anni ha poi contribuito a far crescere e lanciare una intera generazione di nuovi sceneggiatori, story editor, produttori creativi, registi, moltissimi dei quali formatisi in Università Cattolica. E quando c’era da collaborare con l’Università non si tirava indietro, nonostante le mille urgenze di un lavoro sempre sull’orlo dell’emergenza.

Dall’Italia all’estero

Era efficacissima nel lavoro di impostazione dei progetti. Dalla riformulazione della struttura della miniserie su Coco Chanel (miniserie del 2008 che ebbe poi due nomination all’Emmy), ottenuta convincendo i coproduttori americani dopo un viaggio a Los Angeles, al lavoro con Mario Ruggeri sull’inserimento delle linee teen nelle stagioni 8 e 9 di Don Matteo, che hanno rilanciato e ringiovanito la serie, alla decisione di introdurre un capitano dei carabinieri donna (il ruolo che è stato prima di Flavio Insinna, poi di Simone Montedoro e nelle ultime stagioni di Maria Chiara Giannetta), alla riformulazione di uno dei personaggi principali della prima stagione di Medici, per rinforzare un «punto di vista morale» sulla storia, fino alla individuazione di quali linee narrative e tematiche seguire nello sviluppo di Diavoli: di questa ultima serie era particolarmente contenta, perché si erano riusciti a trattare temi sull’intreccio tra  finanza e politica che stavano molto a cuore a Ettore Bernabei. Una serie che è stata venduta in moltissimi Paesi ed è andata in prime time sulla rete generalista americana The CW: un successo forse senza precedenti per un prodotto di origine italiana.

In un articolo uscito a fine dicembre su Variety, la principale rivista professionale di Hollywood, una sorta di «Bibbia» dello showbusiness, Frank Spotnitz, showrunner di Medici e della serie su Leonardo in onda nel 2021 su Rai Uno la ricorda così: «Una riunione di sviluppo con Sara era come giocare a tennis con un maestro. Prendeva qualsiasi idea le lanciavi e te la restituiva con uguale o maggior forza. Non mancava mai un colpo. Ma non era una battaglia», bensì una azione cooperativa in cui dal dialogo venivano idee ancora migliori. Tinny Andreatta, per lunghi anni a capo della fiction Rai e ora a capo delle serie italiane Netflix, dal canto suo confermava a Variety le eccezionali qualità di Sara per «lavorare sulla storia, sulle negoziazioni, sul casting, sul montaggio e anche sulle musiche»1.

In effetti Sara non si limitava all’impostazione: amava seguire i progetti fino alla fine. Non solo supervisionava tutte le sceneggiature (come ha ben ricordato Elena Sofia Ricci nel suo commosso saluto al funerale, avvenuto nella Basilica di Sant’Eugenio a Roma), ma interveniva sui montaggi, sulle musiche, sul ritmo, sui tagli delle inquadrature, fino all’ultimo dettaglio di ogni puntata da mandare in onda. Un atteggiamento molto raro nell’ambiente professionale; lo spiega molto bene Francesco Arlanch in un’intervista sul sito di Famiglia cristiana, dove spiega che Sara «della fiction di cui si occupava voleva fare la miglior cosa possibile», proprio per il suo amore per il pubblico e per il servizio pubblico che la buona televisione può fare. Lavorare alla «confezione» delle puntate le piaceva proprio, ed era orgogliosa del lavoro della sua squadra anche perché aveva la consapevolezza che entravano nelle case di tanta gente semplice e voleva dare un sorriso, una speranza, un accento di verità e un bagliore di luce sulla nostra condizione umana.

Una donna di fede

Era inoltre davvero – cosa per lei fondamentale e costitutiva – una donna di profonda fede, vissuta ogni giorno, ogni momento, con straordinaria eleganza e con il sorriso sulle labbra, cosa ancora più rara in un mondo professionale dove le persone ciniche e disilluse abbondano. Sapeva conquistarsi l’interlocutore con il sorriso, ma anche con una forza straordinaria che veniva da dentro e sorprendeva, in una donna che fisicamente era minutissima e poteva sembrare quasi una bambina.

Questa fede l’aveva sicuramente ricevuta in famiglia: amava parlare di temi profondi soprattutto con suo padre, con cui doveva avere un rapporto specialissimo. Nelle conversazioni con lei – sempre illuminanti nei giudizi che dava sui progetti, sui prodotti televisivi e sui film, negli insights sulle situazioni e sulle persone – citava spesso conversazioni con lui, come anche, da quando poi si era sposata, gli scambi di idee con il marito Lorenzo, altra persona di grande cultura e di grande fede.

Una fede poi alimentata in diverse fasi della vita dalla frequentazione di tante realtà ecclesiali che l’hanno accompagnata e rafforzata: le circostanze e le amicizie l’hanno portata a frequentare per alcuni anni principalmente l’Opus Dei, poi per qualche anno Comunione e Liberazione e negli ultimi dieci-dodici anni, di nuovo seguendo i genitori, con l’adesione convinta al Cammino Neocatecumenale. Aveva attinto quello che le serviva per il suo cammino personale da tutte queste realtà, con cui manteneva ottimi rapporti, sincere amicizie e grande stima.

Quando, mentre aspettava il terzo figlio, ha saputo di avere un tumore, non ha esitato a rinviare le cure a parto avvenuto. Quando poi, un paio di anni dopo, alla fine del 2018, le hanno detto che il tumore si era riattivato a partire dal fegato, e che avrebbe avuto poco tempo di vita, ha reagito con grande fede e abbandono alla Provvidenza. Ha fatto un viaggio a Lourdes con gli amici e colleghi più stretti, e nei mesi successivi ha continuato a lavorare, fino all’ultimo, sempre con il sorriso sulle labbra, senza mai lamentarsi delle chemioterapie, dei frequenti viaggi per curarsi… sempre mettendosi nelle mani di Dio. Ha ovviamente continuato a occuparsi del marito – che ha dato un’altra grande testimonianza di fede con la sua vita e con le parole che ha detto al funerale – e dei tre figli, senza mai una parola amara…

Ha chiesto di poter essere sepolta, al cimitero del Verano, accanto a Chiara Corbella Petrillo, altra madre di famiglia, a cui era molto devota. Ora riposa lì, dopo una vita per noi troppo breve, ma intensissima e straordinariamente operosa. E piena di frutti, sia sul piano professionale, sia su quello dell’amore e della gioia che ha saputo seminare fra chi le è vissuto accanto, i suoi famigliari e tutti quelli che hanno lavorato con lei.

1 Nick Vivarelli, Italian Tv Industry Mourns Late Lux Vide Drama Chief and «Medici» Producer Sara Melodia, in «Variety», 29 dicembre 2020, https://variety.com/2020/tv/news/italian-tv-industry-mourns-late-lux-vide-head-of-drama-sara-melodia-1234866238.