In una pagina di Der Friede, Ernst Jünger, scrittore dalla vita avventurosa e audacissima non meno di quella del comandante Salvatore Todaro (1), ci si imbatte in un passaggio sorprendente, una sorta di perfetta sintesi degli interrogativi decisivi e universali ai quali giunse Salvatore Todaro, l’“Eroe per l’Italia e per l’Umanità”, il “Sacerdote del mare”, il “Mago Bakù”, il “Buon Samaritano”, il “Moschettiere” e “Don Chisciotte del mare”, l’“Ussaro del cannone”, «l’asceta e mistico, un sacerdote che appartiene ad una religione che ha per tempio il mare e per altare il sommergibile» (Augusto Benemeglio) (ma si tratta di un elenco per difetto):

Così, specie per gli spiriti autentici e puri, la guerra si addentrò in territori tragici, e spesso all’animo leale il contrasto cui approdarono le voci del futuro e quelle dei tempi passati, del mondo e della patria, del dovere e del proprio giudizio apparve inestricabile. Ci furono allora molti cui la morte in campo aperto, nel corso di un vero e proprio combattimento parve l’unica soluzione, la più bella. Tutti costoro sono il terreno in cui è caduto il seme migliore (2).

Ardimento, combattività, determinazione portati all’estremo, inaudita capacità di sopportazione del disagio e del dolore e, a fianco di queste migliori virtù militari, il senso della pietas, l’amore per la propria Patria non disgiunto da quello per l’intera umanità ma anche un beffardo e cavalleresco sense of humour per indimenticabili beffe giocate sia al nemico sia all’alleato: tutto questo, ancora in vita, ha fatto del comandante sommergibilista Salvatore Todaro una vera e propria leggenda (3).

Per questo, l’Inausum audet che Todaro fece proprio, può forse, ancora oggi e a ottantuno anni dalla morte, continuare a generare miracoli: in questo caso quello della ricomposizione, della pacificazione di una memoria nazionale per troppo tempo drammaticamente divisa, e della riconquista di un rispetto e di una legittimazione reciproca. Di questo Todaro sarebbe certamente felice. Qualcosa che, per certi versi, sta già avvenendo: mondi culturali e spirituali assai diversi guardano a lui con la più grande ammirazione, ne scoprono – chi da molto tempo, chi solo ora – un’esemplarità assoluta. La vita di Salvatore Todaro manda in frantumi l’idea stessa del “crespuscolo dell’Universale”, di cui ha parlato recentemente il bel libro di Chantal Delsol (4).

Ma quale significato attribuire all’espressione «duemila anni di civiltà» a cui ricorre Todaro, utilizzata nell’ormai notissimo colloquio con l’ammiraglio Doenitz, a proposito del salvataggio dei naufraghi belgi del “Kabalo”?

Di ritorno dalla base atlantica di Bordeaux, Todaro passò una quantità di guai. «Non capisco perché», gli disse l’Ammiraglio Doenitz «voi insistiate a comandare un sommergibile quando preferite fare la guerra in superficie. A un uomo come voi io darei anche il comando di un incrociatore tedesco: ma voi sareste capace di farlo andare a picco per raccogliere i vostri nemici. Perché avete rischiato? Nessun ufficiale tedesco avrebbe rischiato la sua unità e la vita di tutti, come avete fatto voi». «Il fatto è che in quel momento», disse Todaro, «io avevo sulla schiena troppi secoli di civiltà e sentivo il peso. Un ufficiale tedesco non avrebbe avuto questo peso, signor Ammiraglio». Chi ha assistito a quell’incontro ricorda che Doenitz sussultò. Ma era un uomo intelligente e ammirava ogni forma di coraggio, anche quelle che non capiva. «Mi sono meritato questa risposta» disse: e gli tese la mano, senza rancore (5).

Quando Todaro parla di civiltà, europea e mediterranea, vengono in mente almeno due riferimenti. Il primo è al «Virgilio, Padre dell’Occidente» (1930), di Theodor Haecker (6). Il suo Virgilio è anima naturaliter christiana, è l’«amor vincit omnia» delle Bucoliche, il «vincit omnia labor improbus» delle Georgiche, «la vittoria del lavoro autentico attestata dalla vittoria della grazia» (7), quello della pietas di Enea che ha la sua fonte nella famiglia. In Todaro è presente tutto questo: un’estrema capacità di applicazione nel lavoro e nello studio, l’amore per la famiglia (si vedano le splendide Lettere alla moglie Rina, il suo vero “testamento spirituale”, come dice Gianni Banchi), la consapevolezza di una missione per la propria patria, ma anche il senso di una fidelitas e di un amore per il mondo che ricorda l’oikeiosis degli stoici.

Il secondo richiamo è al grande poeta francese P. Valéry (8), per il quale l’Europa è stata e rimane il luogo privilegiato di sintesi di tre fondamentali civiltà: Gerusalemme e la sua idea di trascendenza, la Grecia e la sua scoperta della filosofia e della libera ricerca razionale insieme all’idea di libertà, e infine, Roma e il suo realismo, il senso dello Jus e dello Stato, quella sua specifica «secondarietà culturale», che è «l’attitudine del sapere ricevere e trasmettere, del trovare ciò che è proprio soltanto attraverso ciò che è altro o straniero», la capacità di essere «cattolici nel senso di universali» (9).

La ricerca spirituale e intellettuale che accompagnò sempre Salvatore Todaro, fin dai tempi dell’Accademia navale di Livorno quando venne a contatto – come ci dice la figlia Graziella Todaro – con allievi ufficiali persiani, rivela tutta questa attitudine, questa apertura e curiosità verso “l’altro da noi” e verso l’universale. L’interesse per lo yoga (anche praticato), per la religiosità iranica, per le religioni del Giappone rivelano una dimensione profonda e intima e la personalità complessa dell’homo sacer.

I due aspetti essenziali della vita di Salvatore Todaro, quello del combattente, dell’ardito del mare, del pirata gentiluomo, che preferisce attaccare con il cannone piuttosto che con il siluro, arma poco cavalleresca e molto costosa, quell’etica militare insomma per cui ha meritato le tante decorazioni e quella appunto più intima, spirituale che ne ha fatto il “sacerdote del mare” che in differenti circostanze salva la vita ai naufraghi del “Kabalo” e poi a quelli inglesi dello “Shakespeare”, questi due aspetti non possono essere separati.

In una conferenza di guerra, tenuta l’8 giugno 1941 al Teatro Verdi di Chioggia, Todaro affermerà: «Il marinaio italiano combatte contro le navi nemiche e non contro gli uomini» (10).

La vita di Salvatore Todaro è stata arricchita da esperienze e circostanze che ne hanno forgiato una straordinaria consistenza spirituale. La sua famiglia, il rapporto con padre Voltolina, «il suo maestro spirituale», la severa formazione ricevuta in Accademia navale di Livorno a partire dai quindici anni, l’incidente di volo sugli Idrovolanti, che gli provoca una frattura di schiacciamento di una vertebra dorsale oltre a numerose contusioni epigastriche e addominali per cui sarà costretto a portare per sempre un busto.

Alcuni ritratti

Con l’inizio della “battaglia del­l’Atlantico”, Todaro assume il comando del “Cappellini”, il sommergibile con il quale, nelle acque oceaniche, condurrà le imprese più note e famose. Alla fine del 1941, l’avvicendamento: Todaro deve lasciare Betasom, la base dei sommergibilisti atlantici italiani a Bordeaux (1940-1943).

Sarà allora chiamato a comandare il Reparto di superficie della X Mas, che lo porterà sul fronte orientale di guerra: la Crimea e Sebastopoli, con nuove decorazioni. E poi l’ultima missione: alla ricerca della “Primula Rossa Welshmann”, le operazioni di forzamento del porto di Bona, dove, a bordo del piropeschereccio “Cefalo”, il 14 dicembre 1942, mentre riposa in cabina, a seguito del mitragliamento di due Spitfire, viene raggiunto da una scheggia alla testa. Ha trentaquattro anni. Il giorno prima aveva gettato in mare un pacco di lettere e un libro. Di una di queste lettere, conosciamo il contenuto:

Al Ministero della marina italiana – Roma / Lisbona, novembre 1940 / Vorrei, se possibile, che queste righe fossero trasmesse al Comandante del sommergibile italiano che ha affondato il “Kabalo”: / Signore, fortunato il Paese che ha dei figli come voi! / I nostri giornali pubblicano il racconto di come avete agito nei confronti di una nave che il vostro dovere ha obbligato a silurare. / Vi è un eroismo barbaro e un altro davanti al quale l’anima si mette in ginocchio: questo è il vostro… / Siate benedetto per la vostra bontà, che fa di voi un eroe non soltanto per l’Italia ma per l’Umanità. / Una portoghese (11).

Vi sono alcuni ritratti, che si rincorrono nelle opere a lui dedicate, che aiutano a ricomporne la personalità: «Un volto soffuso di misticismo oggi quasi inverosimile, di uno sguardo di una soavità serafica, di una voce dolce fatta soltanto per dire parole buone» (12), dice Boscolo, il quale, circa l’influenza di monsignor Voltolina, aggiunge:

La vita semplice ed esemplare del padre, che conosceva soltanto disciplina e rettitudine, aveva intanto deciso Salvatore a scegliere la carriera militare per cui, conclusi gli studi tecnici, egli si preparò per l’ammissione all’Accademia navale di Livorno (13).

Monsignor Voltolina continuò per anni a distribuire ai poveri di Sottomarina i doni che il comandante Todaro gli faceva giungere 14. Vi è poi il ritratto che emerge dalle parole che padre Carlo Messori Roncaglia, cappellano di Betasom, ha pronunciato a trent’anni dal sacrificio del comandante Todaro: «In questo ricordo del passato c’è, radiosa, la figura di Salvatore Todaro. Noi che l’abbiamo conosciuto sentiamo quanto bene ci faccia rievocarlo. Egli è stato davvero, un “forte” nel senso che Ugo Foscolo dà a questo termine nel suo carme. E oggi, più che mai, sentiamo il bisogno di ritemprarci alla fortezza. Perché occorre essere forti non soltanto in guerra, come lo fu in modo visibile il comandante Todaro. Abbiamo bisogno di ritemprarci alla fortezza, per poter continuare a vivere, a sperare, a fare il bene anche nei nostri facili tempi» (15).

Gentleman e moschettiere

Fra i tratti salienti della personalità di Todaro non mancava, come anticipato, il sense of humour del Gentleman, la “guasconeria” del “Moschettiere del mare”. Due episodi ci rivelano questo aspetto:

1) il 19 ottobre, tre giorni dopo l’affondamento del “Kabalo”, l’avventura dei naufraghi si conclude felicemente nell’isola di Santa Maria nelle Azzorre:

Il guardiano del faro chiede al sommergibile di dichiarare la nazionalità, Todaro è riluttante, rischia grosso, con tutte le spie inglesi sparse ovunque, fa finta di non aver capito. La domanda viene ripetuta insistentemente. A quel punto Todaro gioca uno scherzo al solerte guardiaporto: fa issare un drappo nero con teschio e tibie, la bandiera di pirati. L’uomo del faro si spaventa e scappa a gambe levate, fra le risa degli italiani e dei belgi (16).

2) A Foros, sul fronte russo, si ritrovano accampati i marò della Decima accanto ai “disciplinati” soldati tedeschi. Gli italiani si danno da fare per raccogliere granturco, mais, beccacce, selvaggina. Tutto viene cucinato alla perfezione, come invece non riesce mai ai tedeschi. La tensione si fa via via più alta fino al divieto del Comando tedesco di cacciare e raccogliere gli ingredienti che gli italiani, ogni sera, utilizzano per la “polenta e osei”. Tre marò contravvengono all’ordine e, colti sul fatto, vengono consegnati per “una “punizione esemplare”. Todaro assicura e invita gli ufficiali tedeschi a ritornare all’indomani per verificare la punizione. Giunge la mattina, e Todaro agli ufficiali tedeschi: «Venite, vedete, là quella buca, i tre marinai che hanno raccolto il grano turco, li abbiamo fucilati all’alba». Erano bravi marinai, dice Todaro, e per questo chiama il trombettiere. Tutti scattano sull’attenti, anche gli ufficiali tedeschi. Ma Massarini, un ufficiale al seguito di Todaro, non riesce a trattenersi: scoppia in una fragorosa risata. Ne deriva un vero e proprio incidente diplomatico, l’incidente del “granturco”: il Quartiere generale tedesco di Sebastopoli preme sul Comando italiano di Roma perché intervenga sul comandante Todaro. La faccenda finisce addirittura sulla scrivania del capo del governo Benito Mussolini che così reagirà: «Imbecilli! Un uomo come Todaro può permettersi questo ed altro» (17).

“Homo religiosus”

In attesa che agli studiosi sia possibile accedere all’“Archivio Todaro”, in via di costituzione, come ci anticipa la nipote Jasmine Bahradi, abbiamo a disposizione alcune pagine di riflessione filosofica davvero preziose per chi cerca di interrogarsi sulla dimensione più intellettuale e spirituale di Salvatore Todaro. Pagine dalla scrittura limpida e cristallina, dallo stile marcatamente filosofico, espressioni di un ricercatore autentico, dalla ricchissima interiorità. Egli certamente sapeva dell’agostiniano «Tu autem eras interior intimo meo et superior summo meo» (Confess., 3,6,11). Il tema generale che affronta Todaro in tali pagine è epistemologico, una domanda sulle forme del sapere, che ricorda sia Max Scheler sia P.A. Sorokin. Todaro è perfettamente consapevole della crisi irreversibile del pensiero positivista.

La convinzione filosofica di aver trovato nella scienza “l’Assoluto”, egli dice, ha esaurito il suo ciclo, “sta passando”:

Questa scienza è passata come un uragano distruttore di tutte le fedi e vi ha imposto, con la maschera dello scetticismo, un volto senz’anima (18).

Lo scetticismo odierno non aiuta a comprendere, dice Todaro, come esista

una legge invisibile a voi, forte più della roccia, potente più dell’uragano, che cammina inesorabile, tutto muovendo, tutto animando: e questa legge è Dio. Essa è dentro di voi: la vostra vita è una sua estrinsecazione; secondo giustizia, essa spargerà sopra di voi gioia o dolore come voi avrete meritato.

Voi dovete sentire questo legame di amore con tutte le altre forme di vita, perché tutto (dal fenomeno chimico al fenomeno sociale) è vita retta da un principio spirituale… Per comprendere è necessario che voi possediate un animo puro e che un legame di simpatia vi unisca a tutto il creato (19).

Todaro riconosce una dialettica fra coscienza chiara e coscienza nascosta che domina l’interiorità umana e che ricorda il concetto di “inconscio spirituale” di V. Frankl. In questa coscienza più profonda nascono «irresistibili, tutte le più grandi affermazioni della vostra personalità. Là è il vostro Io vero ed eterno, non l’Io esteriore, quello che è figlio della materia e che con essa muore» (20).

Non c’è dubbio: Salvatore Todaro ci ha insegnato un aspetto della vita e della storia al quale non possiamo né sfuggire né rassegnarci:

Anche la vita militare, con tutte le sue insidie e le sue peculiari tentazioni, può essere luogo di santificazione e di animazione cristiana della realtà temporale (21).

Per questo lo vogliamo ricordare così, stretto ai suoi marinari, nella notte di Natale del 1941:

La sera di Natale Todaro porta il sommergibile in immersione a cinquanta metri per trascorrere in pace la Santa Notte di Natale. Nell’aria viziata e umida dei locali c’è una atmosfera di festa e di gioia, velata da un senso di malinconia e nostalgia per le famiglie lontane. A mezzanotte legge la preghiera: «Benedici o Signore le nostre case lontane, le care genti! Benedici nella cadente notte il riposo del popolo, benedici noi che per esso vegliamo in armi sul mare!». Buon Natale, ragazzi!! Brindisi, abbracci, auguri commossi. Canti e cori. Il cuoco ha fatto miracoli per preparare un banchetto che rassomigli alla cena di Natale… Todaro rinfranca i suoi uomini, uno per uno. «Come stai? Ti senti bene? Vuoi qualcosa?» (22).

Critica alla guerra

Nel suo ultimo colloquio con il comandante Leoni, emerge infine un Todaro assai provato e sconvolto dalla perdita di alcuni suoi uomini, fra questi il tenente Danilo Stiepovich: «Ho passato tutta la mia vita a prepararmi per la guerra. Ma la guerra è un male, un male, capisci!» (23). Di fronte a queste estreme parole viene ancora in mente E. Jünger:

La vera pace presuppone un coraggio superiore a quello necessario per la guerra; è una manifestazione di travaglio spirituale, di forza spirituale. Verrà conquistata quando saremo capaci di estinguere il rosso fuoco che arde in noi stessi e sapremo affrancarci dall’odio e dalle sue scissioni. Il singolo è simile alla luce che, divampando, costringe le tenebre ad arretrare. Una fievole luce è più grande, più coercitiva di molto buio. Ciò vale anche per chi è destinato a cadere. Incede verso l’eternità con portamento fiero. La vera lotta che ci troviamo a combattere si rivela sempre più un conflitto tra le forze della distruzione e le forze della vita. In questa lotta i guerrieri di retto sentire stanno fianco a fianco, come gli antichi cavalieri. Quando ciò accadrà, la pace diverrà duratura (24).

1 Ernst Jünger: comandante di truppe d’assalto della Prima guerra mondiale, Croce di ferro di seconda classe; Croce di ferro di prima classe, Ordre pour le Mérit (la più alta onorificenza prussiana) e quattordici ferite di guerra; Salvatore Todaro: comandante sommergibilista e poi del Reparto di superficie della X Flottiglia Mas, in Crimea e a Malta; due Medaglie di bronzo al V.M. sul campo; tre Medaglie d’argento al V.M. sul campo; una Croce di ferro di prima classe e una di seconda classe germanica (1941); due ulteriori Croci al Merito; Medaglia d’oro al V.M. alla memoria. Grave ferita permanente per incidente aereo nella 187° Squadriglia Idrovolanti.

2 Cfr la trad. it.: Ernst Jünger, La pace, Guanda, Parma 1993, p. 15.

3 Ecco le più rilevanti opere per approfondire la vicenda umana e militare di Salvatore Todaro. In ordine cronologico: Aldo Cocchia, Sommergibili all’attacco, Rizzoli, Milano 1955, cap. IV: “Salvatore Todaro, cavaliere senza macchia e senza paura” (pp. 43-51); Teucle Meneghini, Cento Sommergibili non sono tornati, Cen, Roma 1958 (quarta ristampa, 1969), pp. 719; Armando Boscolo, Comandante Salvatore Todaro, Giovanni Volpe Editore, Roma 1970, pp. 189; Virgilio Spigai, Cento uomini contro due flotte. La storia completa dei mezzi d’assalto, Società Editrice Tirrena, s.l. 1959, ripubblicato da Mursia, Milano 2022; Antonino Trizzino, Sopra di noi l’oceano, Longanesi & C., Milano 1963, il cap. terzo: “Pirati samaritani” (pp. 52-80); Mario Leoni, Sangue di marinai, Edizioni Europee, s.l. 1954, pp. 236; ma soprattutto la trilogia che Gianni Bianchi ha dedicato al comandante Todaro: Salvatore Todaro. La storia di uno dei più audaci e umani Comandanti di Sommergibili, Edizioni Sarasota, Massa 2007, pp. 222, in corso di ristampa nel 2023 (è la biografia più completa); Gianni Bianchi e Salvatore Pennisi, Salvatore Todaro “Mago Bakù”. Omaggio all’Eroe nel 70° anniversario della morte, Edizioni Sarasota, Massa 2012, pp. 128; Gianni Bianchi, «…siate benedetto per la vostra bontà che fa di voi un Eroe non soltanto per l’Italia ma per l’Umanità», Associazione Culturale Sarasota, Massa s.d. La figura di Gianni Bianchi, la sua appassionata ricerca pluridecennale sulla storia militare dei mezzi d’assalto e altro, merita l’espressione convinta di una gratitudine infinita. Le sue pubblicazioni non possono essere ignorate da chi voglia lealmente approfondire la straordinaria vicenda umana e spirituale di Salvatore Todaro (e possibilmente, anche citarle, quando utilizzate).

4 Cfr Chantal Delsol, Le Crépuscule de l’Universel. L’Occident postmoderne et ses adversaires, un conflit mondial des paradigmes, Les Éditions du Cerf, Paris 2020.

5 Brano riportato nel ritratto di Salvatore Todaro a firma di Giuseppe Grazzini apparso sulla rivista Epoca negli anni Sessanta, e oggi in: G. Gianni Bianchi, «…siate benedetto per la vostra bontà che fa di voi un Eroe non soltanto per l’Italia ma per l’Umanità», cit., pp. 122-123.

6 È il titolo dell’edizione italiana: Virgilio, Padre dell’Occidente, a cura di G. Guerra, Castelvecchi, Roma 2021.

7 Ivi, pp. 52 ss.

8 Cfr P. Valéry, La crisi del pensiero, in Idem, Opere scelte, Mondadori, Milano 2014, pp. 1434-1442.

9 Su questo: R. Brague, Europe, la voie romaine, Criterion, Paris 1992, trad. it.: Il futuro dell’Occidente. Nel modello romano la salvezza dell’Europa, a cura di A. Gnoli e F. Volpi, Bompiani, Milano 2005.

10 Cfr A. Boscolo, Il Comandante Salvatore Todaro, cit., p. 87.

11 Riportato, in Gianni Bianchi, «…siate benedetto per la vostra bontà che fa di voi un Eroe non soltanto per l’Italia ma per l’Umanità», cit., p. 67.

12 A. Boscolo, Il Comandante Salvatore Todaro, cit., p. 154.

13 Ivi, pp. 7-8.

14 Ivi, pp. 152-153.

15 Riportato in Gianni Bianchi e Salvatore Pennisi, Salvatore Todaro “Mago Bakù”, cit., p. 119.

16 Cfr G. Bianchi, Salvatore Todaro, cit., p. 65.

17 Ivi, pp. 175-178.

18 Ivi, p. 175.

19 Ivi, pp. 175.177.

20 Ivi, p. 178.

21 Cfr G. Dalla Torre, prefazione a Geraldina Boni, La canonizzazione dei santi combattenti nella storia della Chiesa, Lev, Città del Vaticano 2012, p. 8.

22 Riportato in G. Bianchi, Salvatore Todaro, cit., p. 81.

23 A. Benemeglio, “Il Don Chisciotte del mare”, in G. Bianchi, «…siate benedetto per la vostra bontà che fa di voi un Eroe non soltanto per l’Italia ma per l’Umanità», cit., p. 132.

24 E. Jünger, La pace, cit., p. 68.