Alla fine degli anni ’80 la pittura si trova di fronte alla necessità incalzante di riadeguare il suo linguaggio per sfuggire all’inerzia.
Il decennio precedente era infatti pesantemente dominato da un lato dalla Transavanguardia, su un altro piano dall’Astrazione ridefinita di matrice americana. La pittura deve dunque reinventarsi, esplorando territori nuovi e l’artista è chiamato a traslare sulla tela, con un’attitudine forte, le metamorfosi e le contraddizioni di un tempo inquieto.
Il paesaggio rientra nella tradizione pittorica classica. Per Kant il paesaggio è uno degli aspetti della natura, la manifestazione del sublime che si svela all’uomo nella sua smisuratezza. Per Heidegger è un disvelamento dell’essere che induce l’uomo ad “ascoltarlo” e ad affidarsi a esso.
La pittura di Marcovinicio all’inizio degli anni ’90 è pittura di paesaggio, in un’accezione singolare. Possiamo affermare che l’artista è animato nel profondo dalla Sehnsucht: i suoi paesaggi sono segnati dallo sconfinamento e dall’attraversamento. Sconfinamento da un limite-limine a una dimensione più profonda, che rappresenta la dimora, una pausa accogliente che distoglie dal quotidiano per affidare l’uomo al silenzio, più eloquente della parola detta. L’attraversamento è ciò che consente di oltrepassare la soglia del conosciuto per affrontare l’imperscrutabile. Il paesaggio di Marcovinicio ha un’Anima, è la tappa di un percorso volto a recuperare l’inespresso. Custodisce segreti. Ama l’enigma.
Ci sono animali, case, strade sinuose nel suo paesaggio. C’è un rifuggire da sistemi consolidati, l’esigenza di “scarnificare” le forme per giungere a una purezza intima. La dislocazione figurale non è mai prevedibile. In questo modo il paesaggio diventa il tassello di una storia costruita su un iter provvisorio, senza retorica, senza indulgenza. Le forme, schematiche ed essenziali, non descrivono, quanto piuttosto alludono a un universo fluttuante. Più lo sguardo vi si avvicina, più viene sedotto dalla sua profondità. Emanano un silenzio catartico, un traboccamento di desiderio.
- Silenziosa disciplina, 1990. Olio su tela – 2mx2,50m
- Silenziosa disciplina, 1990, fotografia e cornice 100 x 130 cm
Entrambe le opere sono presenti nella mostra Awakening 1988.1993, Fondazione 107, Torino (11 maggio – 16 novembre 2025)
Il paesaggio si cifra dunque come un pre-testo che sedimenta tracce e ne suggerisce di nuove, in un percorso mai rettilineo. E qui entra in gioco il colore, elemento strutturante della composizione. Il nero, austero, solenne delle figure, non nasconde quanto piuttosto evoca. La notturnità è da sempre una sfida per indurre alla riflessione evitando l’ammutolimento, è un richiamo a uno stato di attesa, di sospensione momentanea. Il giallo citrino, acido, costituisce lo sfondo penetrante, risplendente, dentro al quale le figure acquisiscono consistenza. La loro identità.
Più volte in quegli anni Marcovinicio affianca alla pittura l’immagine fotografica dell’opera, in bianco e nero. Una sorta di integrazione di due media apparentemente non affini, in realtà simbiotici. La pittura cerca il suo consolidamento espressivo, la fotografia una sussistenza che permanga viva anche quando è sottratta alla dimensione fulminea dell’attimo. Si completano, confrontandosi con il reale, congiuntamente. L’insieme supera la “labilità ontica” e suggerisce una compiutezza più intensa. Potremmo affermare che il paesaggio di Marcovinicio “germoglia” assecondando lo sforzo dell’intenzione di uscire da una spettacolarità illusoria, per avvicinarsi all’inespresso.
È un paesaggio che produce transizioni e mutamenti illuminanti, così da aprire al prodigioso, palesando un’inesausta creazione di linguaggio.

Silenziosa disciplina. Fotografia incorniciata bn – 50×70

