Nell’immaginario collettivo il nome di Jack London è strettamente legato ai romanzi di avventura come Zanna Bianca e Il richiamo della foresta, ambientati alla fine del XIX secolo quando negli Stati Uniti prese il via la corsa all’oro del Klondike.

Eppure, c’è un altro – immenso – capolavoro che merita di essere ricordato. Un’opera controversa per i suoi contenuti di denuncia sociale e per l’attacco al capitalismo e all’individualismo allora imperanti. Un’opera che merita di essere letta e riletta per la sua straordinaria attualità.

Si tratta di Martin Eden, apparso a puntate sulla rivista Pacific Monthly (Portland, Oregon) e raccolto successivamente in un unico volume da Macmillan.

Martin è un giovane marinaio di Oackland che, dopo aver conosciuto Ruth Morse, una ragazza della buona borghesia di San Francisco, intraprende una lotta senza quartiere per diventare scrittore, affrancarsi dalla sua misera condizione di vita e conquistare così l’amore della donna amata.

Come è stato sottolineato dalla critica, il romanzo si presta a diverse interpretazioni, ma è solo grazie a una lettura più attenta che si riescono a cogliere le sfumature che esso nasconde. Martin Eden è un romanzo di formazione, anche se il suo esito non è quello che tutti noi ci aspetteremmo.

Altro tema fondante è l’approccio individualistico che detta le azioni del protagonista; sarà il testo stesso a smentirne i presupposti.

Vi troviamo inoltre il topos letterario dell’amore come strumento di elevazione morale e di salvezza. Anche in questo caso però, esso non ha la funzione di portare i protagonisti a un semplicistico «e vissero per sempre felici e contenti»; al contrario lì guiderà a un sorprendente ribaltamento dei canoni tradizionali.

Date queste premesse, cerchiamo allora di esaminare le ragioni per una rilettura di questo grande classico.

L’incontro con Ruth

Martin era seduto accanto a Ruth sotto il cielo stellato della California. Prima di allora non aveva pensato spesso alle donne anche se aveva sempre saputo che, prima o poi, avrebbe incontrato Lei, la Donna che avrebbe risvegliato in lui un’esperienza nuova, quasi divina. Quella donna, ora, gli stava davanti e lui l’aveva sentito non appena la sua pelle indurita dalle fredde notti dell’Oceano avevano sfiorato quella di lei, che sembrava fatta di una materia ultraterrena. In pochi istanti si immaginò volare insieme a lei, condividere con lei le paure più nascoste e riusciva già a intravedere quello che sarebbero diventati insieme; «sognava di possedere un’anima, sognava un’unione purificata da ogni materialità, una libera fratellanza dello spirito che non riusciva a comprendere in un’idea definita»1.

Appartenevano a due mondi completamente diversi e solo una fortuna, a suo parere immeritata, aveva messo in comunicazione quei mondi più distanti del più remoto atollo del Pacifico. Era sbarcato a San Francisco dopo anni di navigazione, mentre lì Ruth aveva sempre vissuto un’esistenza placida all’insegna delle cene e delle ville con servitù.

Guerra per amore

I presupposti sembrano quelli di un qualunque romanzo rosa se non fosse che Martin, mentre cercava di raggiungere Ruth – la sua isola non trovata – navigava a fondo negli abissi della sua anima. Più la conosceva e più si rendeva conto di quanto fosse diversa da lui. Nonostante ciò, la giustificava arrivando a convincersi che l’amore e la ragione non avessero nulla a che fare l’uno con l’altro. Dal momento che lei non sembrava modificare l’idea che aveva di quell’uomo venuto dal mare (non le era indifferente ma aveva sempre cercato in lui i riflessi di quell’esistenza a cui era ormai assuefatta), Martin iniziò una guerra alla conquista dell’amata con sforzi degni del migliore Orlando.

Riprese a studiare ritenendo che se fosse diventato uno scrittore sarebbe potuto entrare a far parte della cerchia dorata della ragazza. Passava le notti sui tasti della sua macchina per scrivere al lume di una flebile candela in una claustrofobica stanza.

Lui, che non aveva mai avuto la possibilità di essere come gli altri uomini, cercava di diventarlo con tutte le sue forze. I suoi primi manoscritti trattavano le sue esperienze marinaresche, ma la sua istruzione frammentaria e superficiale non gli permetteva di catturare l’attenzione degli editori. Davanti all’evidenza di innumerevoli buste rispedite al mittente, Ruth iniziò rapidamente col dissuaderlo dall’inseguire quel sogno tormentato e ad accettare un lavoro di contabile.

Lei non aveva alcuna fiducia nelle capacità artistiche di Martin ma lui non alterò mai l’idea che aveva di lei; voleva diventare famoso soprattutto per essere degno del suo amore.

In questa folle ricerca vitale, è la conoscenza del misterioso Russ Brissenden a guidarlo oltre le sirene del successo terreno per una piena realizzazione di sé. L’uomo, colto poeta e scrittore socialista, incoraggia Martin a riabbracciare la sua vera natura prima che possa venire fagocitato dalla città: «Queste città borghesi la uccideranno. Guardi quel covo di traditori dove ci siamo incontrati (ndr casa di Ruth). Chiamarli vegetali ammuffiti è fargli un complimento. Non è possibile restare sani in una atmosfera simile. È degradante (…) Sono tutti stomaci animati, guidati dagli alti impulsi artistici e intellettuali di un mollusco»2.

Cuore acerbo

Alla fine, Martin capì che il suo non era altro che un amore adolescenziale e che la donna che aveva scelto e idealizzato non avrebbe mai amato lui quanto le sue meschine norme morali. Arrivò così alla certezza che il mondo appartiene all’uomo forte, che sia di sangue nobile e che non sguazzi nel trogolo da porci del commercio. Il mondo è di coloro che non accettano compromessi.

Proprio quando era sull’orlo della disperazione parve che i giornali, simultaneamente, si interessassero alle sue opere e iniziarono ad affollare la sua cassetta delle lettere con assegni in bianco. In poco tempo Martin si trovò in quell’olimpo a cui aveva tanto anelato e anche la società borghese dovette ricredersi sul suo conto. Ma ormai quei criteri di giudizio appartenevano alla sua vita passata: lui voleva solo essere apprezzato per sé stesso o per il suo lavoro, che altro non era che un’espressione di sé.

Ora che era una celebrità, trovava porte aperte a ogni angolo e migliaia di inviti a cena anche adesso che non aveva più fame. Ora che era una celebrità si trovava a disgustare ciò che aveva inseguito per tutta la vita, compresa Ruth.

Il suicidio

La noia borghese del successo non era riuscita a colmare la ricerca di senso di Martin, che sentiva di aver tradito la sua stessa natura per qualcosa di talmente effimero da sfuggirgli di mano. E proprio quando la vita diventa una dolorosa stanchezza, la morte è pronta a porvi rimedio con il sonno perpetuo, «perché persino il più misero fiume si volge, infine, con fiducia, verso il mare»3.

Martin si suicida. Lo fa per rispettare il suo istinto di conservazione, con la stessa testardaggine che – mentre si dirige sul fondo del mare e riempie volontariamente i polmoni di acqua – lo aveva portato al successo. Il suicidio è un comportamento che nega l’impulso naturale alla sopravvivenza, eppure a Martin Eden appare come l’atto più coerente rispetto alla sua storia.

Tragica scia

Come molti prima di lui – da Van Gogh a Majakowsky, da Mishima a Sylvia Plath – Martin muore con distacco e dopo una riflessione profonda; le ragioni che lo hanno mosso non sono figlie della disperazione, ma di un’adamantina libertà e di un’infrangibile coerenza. Martin è totalmente padrone della sua vita, al punto da interromperla nel momento in cui capisce che quella è l’unica strada per riappropriarsene.

Non c’è nulla di sovrumano in ciò che compie; anzi, è proprio questo suo essere così Umano che ci pone in soggezione nei suoi confronti. Martin ci sconvolge per il suo coraggio e per la fredda ma calcolata lucidità con cui decide di agire. Ci sconvolge perché riduce la vita ai minimi termini, tenendo salda la rotta su quelli che sono i suoi prìncipi. Non perde mai la trebisonda ma naviga sempre nella direzione indicata dal sestante del suo cuore ed è per questo che, anche se suicida, rimane un Eroe.

Zoom per l’anima

La sua lettura ci mette a nudo di fronte alle scuse con cui cerchiamo di giustificare i nostri istinti più materiali. Le difficoltà del protagonista sono simili a quelle che incontriamo nella nostra quotidianità e che non sempre riusciamo ad affrontare con la stessa temerarietà. Una volta capito che il sogno a cui abbiamo dedicato tanto non è altro che un idolo, siamo disposti a rinnegarlo per mantenere la nostra integrità?

Più di qualunque altro romanzo, Martin Eden insegna che la vita è una lotta e che non ci sono scelte difficili per i coraggiosi. Non importa se la strada è in salita o in discesa perché è unica e insostituibile, e anche se dovesse portare difficoltà e sofferenza, una volta compiuta condurrà alla pace.

Martin Eden interroga sui desideri più profondi dell’uomo e pone domande sul valore della vita. Mette alle strette il lettore e lo costringe a chiedersi come voglia agire sulla propria vita, se da protagonista o da comparsa. Spetta a ciascuno di noi scegliere, attraverso il suo esempio, se seguire ciò che è comodo e conveniente o ciò che è Giusto.