Il poeta Giampietro Pontiggia, che il pubblico dei lettori conosceva con lo pseudonimo di Giampiero Neri, grande solitario della poesia, tanto da essere salutato dalla critica come “maestro in ombra”, è morto questa notte a Milano all’età di 95 anni. Nato a Erba (Como) il 7 aprile 1927, era il fratello maggiore dello scrittore Giuseppe Pontiggia, detto Peppo (1934-2003), cui fu legato, per tutta la vita da un complesso rapporto.

La giovinezza nella sua amata provincia lombarda era stata toccata da due segni opposti. Da una parte l’uccisione del padre nel 1943 in un agguato nei torbidi della guerra civile, dall’altra l’incontro con il professor Luigi Fumagalli, all’Istituto Annoni di Erba, che lo fece sognare con i suoi paradossi, le lezioni all’aperto e l’amore per i classici. Al termine della guerra Neri conseguì il diploma di maturità scientifica, si iscrisse poi alla Facoltà di Scienze Naturali, ma sarà un percorso che non riuscirà a terminare anche per far fronte alle esigenze economiche della famiglia. Nel 1947 inizierà a lavorare presso il Banco ambrosiano e in banca, pur passando da diversi Istituti, resterà fino all’età della pensione.

Incoraggiato dal fratello Giuseppe Pontiggia (figura di spicco dell’editoria italiana e vincitore del Premio Strega con La grande sera), Neri continuò a coltivare la passione letteraria. I suoi primi testi uscirono nel 1971 per l’Almanacco dello Specchio di Mondadori con una nota di Giovanni Raboni che ravvedeva nelle sue poesie bagliori poundiani e un “sotterraneo recupero, fra ironia flaubertiana e malinconie realistico-crepuscolari, della conversazione e sottoconversazione quotidiana”.

Nel 1976 uscì per Guanda L’aspetto occidentale del vestito. Fu un esordio memorabile, che Giovanni Giudici salutò con entusiasmo sulle pagine del Corriere della sera: “Neri ha scritto pochissime poesie e non sarà mai un autore «eloquente» nel senso della quantità, ma per la densità di esperienza da cui deriva e su cui si apre il suo avaro e austero discorso è come se ne avesse scritte (ne ha scritte) moltissime e infatti il senso più profondo della sua invenzione si svolge piuttosto al «come» che non al «che cosa»”.

Dopo lo sperimentalismo della prima raccolta, la scrittura di Neri si fece sempre limpida e asciutta, attenta ai dettagli, lontana da ogni artificio retorico. Spesso indugiava sul tema dei vinti. Ebbe sempre una grande attenzione per la natura, come testimonia uno dei suoi titoli più celebri Teatro naturale (Mondadori, 1998). Da bambino aveva amato i ponderosi tomi dei Ricordi entomologici di Jean-Henri Fabre (era felice che Adelphi avesse iniziato a riproporli al pubblico italiano) e da quelle lontane letture, era nata la passione per lo studio degli animali: “L’osservazione degli animali, che prescinde dalla psicologia, offre un campo di osservazione più vasto e meno ambiguo di quello umano. Il fenomeno della violenza e dell’aggressività appartiene a entrambe le specie. In un certo senso, osservare il comportamento animale ci avvicina con maggiore possibilità alla soglia del mistero”.

Nel bestiario di Neri occupano uno spazio primario i rapaci notturni, come testimonia una delle sue poesie più amate: “La civetta è un uccello pericoloso di notte / quando appare sul suo terreno / come un attore sulla scena / ha smesso la sua parte di zimbello. / Con una strana voce / fa udire il suo richiamo, / vola nell’aria notturna. / Allora tace chi si prendeva gioco, / si nasconde dietro un riparo di foglie. / Ma è breve il seguito degli atti, / il teatro naturale si allontana. / All’apparire del giorno / la civetta ritorna al suo nido, / al suo dimesso destino” (“Due tempi” da Teatro naturale, Mondadori 1998).

La violenza e la memoria sono il basso continuo della ricerca poetica di Neri.

Negli ultimi anni aveva lasciato le poesie per dedicarsi alla prosa, ma achi gli chiedeva se scrivesse in poesia o in prosa, rispondeva: “Scrivo poesia in prosa”. Del resto, aveva sempre confidato che non gli interessasse il computo delle sillabe, quanto la ricerca della verità: “Ho spesso accostato la poesia alla ricerca della verità, perché richiede tempo, concentrazione, qualità che oggi non sono di moda. Viviamo tempi mercantili, in cui il tempo è denaro, ma chi si occupa di poesia non segue il denaro, ma il tempo in profondità”.

Tra i suoi autori prediletti, Omero (quello ruvido dell’Iliade), Cesare e Tacito, Dante (molto più di Petrarca), i “maledetti” Villon e Campana, Manzoni, Thoreau, Pound, Pasternak. E naturalmente i suoi due dioscuri: Melville e Fenoglio, di quest’ultimo commentava: “Ha una straordinaria asciuttezza nella narrazione. È una scrittura potente”.

Ritornava spesso su Manzoni: “I suoi Promessi sposi sono il poema moderno, l’unico che conosca in questo senso. Tutta la nostra letteratura contemporanea vi è debitrice. Penso per esempio al Giardino dei Finzi Contini di Bassani. Il “poema” di Manzoni era piaciuto a Stendhal, a Goethe, e piace ancora adesso… l’argomento era interessante, il lettore si ritrovava perché affronta questioni inesauribili, c’è uno sguardo realistico sulla vita, sull’uomo, su tutte le vicende umane”.

Il personale canone di Neri si può leggere in Ritorno ai classici (Ares 2021), libro intervista con Alessandro Rivali, in cui scriveva: “I classici sono fatti per essere letti, raccontano di gioia e di dolore, sono l’immagine di noi stessi. Sono il frumento, il nostro pane quotidiano. Omero nutre e per questo tutti gli artisti tornano a lui. Se nella letteratura non ci fosse il mistero, sarebbe alla portata di tutti”.

Negli ultimi anni Neri aveva una speciale consuetudine con i Vangeli e in un’intervista all’Osservatore romano aveva confidato: Sono una lettura straordinaria, infinita: non si finisce mai di leggere i Vangeli perché sono sempre nuovi, sempre attuali, presenti, eppure obliati dalla quotidianità, poi all’improvviso una citazione, un’immagine ce li riporta vivi davanti agli occhi. L’episodio che amo di più è quello dell’adultera, perché ci mette di fronte alle nostre miserie, siamo tutti peccatori e quindi non dobbiamo giudicare…

Neri è stato un grande solitario della nostra poesia, eppure il suo magistero sarà di lunga durata. Significativamente la presentazione del suo ultimo libro Un insegnante di provincia (Ares 2022) è stata segnata dalla presenza di tanti giovani.

Per conoscere protagonista del secondo Novecento si possono cercare la recente Antologia personale uscita per Garzanti (2022) e la quadrilogia Ares composta da Da un paese vicino (2020), Piazza Libia (2021), Un difficile viaggio (2022) e Un insegnante di provincia (2022), nonché Giampiero Neri – Un maestro in ombra, la sua biografia in forma di conversazione con Alessandro Rivali (Jaca Book 2013).