Omaggio a Giampiero Neri

Il 15 febbraio 2024 ricorre il primo anniversario dalla morte di Giampiero Neri (1927-2023), il grande “maestro in ombra” della nostra poesia. Alessandro Rivali ha voluto omaggiarlo con una raccolta di 18 nuove poesie intitolata Il segno di Iob. Il libricino, in tiratura limitata e fuori commercio, è stato realizzato dalle Edizioni M.me Webb con la copertina del pittore Marcovinicio.
Il disegno della copertina è molto simile a quello regalato da Marcovinicio a Giampiero Neri nel gennaio 2023: il poeta lo apprezzò molto e lo fece appendere sulla parete di fronte al letto.

Il segno di Iob

Per Giampiero Neri
(Erba, 1927 – Milano, 2023)

“Dobbiamo rimandare il nostro appuntamento”: così Giampiero mi avvertì per telefono dell’improvvisa indisposizione che rimandava la consuetudine del nostro pranzo settimanale.

Erano i primi di dicembre del 2022. I primi allarmi del male che presto lo avrebbe portato via. Nessuno dei due poteva sapere che non avremmo più ritrovato quel nostro rito.

Negli anni quegli appuntamenti milanesi tra Piazzale Libia e via Tiraboschi erano stati la mia vera università, e più tardi una scuola di vita. La nostra amicizia era iniziata nel 1998 quando uscì Teatro naturale, il libro Mondadori (ora Edizioni Ares) che aveva rivelato al grande pubblico “il maestro in ombra” della poesia italiana. Al termine di un reading, gli avevo chiesto l’autografo di un testo poi confluito in Armi e mestieri (2004): non ne possedeva copie e mi invitò ad andare a trovarlo a casa. Grazie a quegli incontri intorno a un tavolo invaso da cartoncini, quaderni e penne dalla scrittura fine scoprii Melville, Villon, Campana e soprattutto Beppe Fenoglio. Compresi che la poesia è sempre ricerca della verità, e che può avere la semplicità e il calore di una stretta di mano. Che la dizione limpida ed essenziale è un punto di arrivo dopo un lungo viaggio.

A Natale 2022 Giampiero fu ricoverato al Padiglione Granelli del Policlinico di Milano. Andai a trovarlo diverse volte. Leggeva il Gesù di Nazareth di Ratzinger, libro a cui aveva tolto la copertina di cartone per maneggiarlo con più facilità. Gli regalai una stilografica azzurra di cui fu felice (tante volte era stato lui a regalarmi le stilografiche, tra cui due bellissime Aurora). Gli portai una delle ultime uscite Ares dedicata a Thomas More e fu contento di commentare che il suo prossimo lavoro sarebbe stato Utopie. Lo rallegrava l’idea di un titolo vicino alla più celebre opera del santo statista inglese. Proprio in quei giorni Giampiero preparava quella che sarebbe stata la sezione finale del libro, “Prontuario per degenti in ospedale a conduzione pubblica”. Al suo capezzale, la sera del 28 dicembre, ricevetti la notizia della morte di Cesare Cavalleri, altro maestro della mia vita.

Il pomeriggio delle dimissioni di Giampiero dall’ospedale – non c’era più nulla da fare, sapevamo che gli restava poco tempo –, guardammo insieme Atalanta-Salernitana, una partita ricchissima di goal. Ne fu felice. Il calcio era uno dei nostri argomenti di conversazione preferiti. Davanti a una partita degli Europei, anni prima, avevamo deciso di trasformare le nostre conversazioni in Ritorno ai classici, una sorta di ideale prosecuzione di Giampiero Neri – Un maestro in ombra, il libro sulla sua vita uscito nel 2013 per Jaca Book.

Giampiero fu lucido fino a poco prima di morire, la notte tra il 14 e il 15 febbraio 2023. Leggeva la Genesi e l’Esodo, era affascinato dal Libro dei re, incontrava volentieri gli amici più cari, specialmente i più giovani; tra questi Giulio e Francesco, della rivista Blast, conosciuti durante una delle ultime comparse in pubblico in Ares per presentare Un insegnante di provincia, dedicato a quel professor Fumagalli, l’“amico del paradosso”, che ai tempi della scuola gli aveva donato uno sguardo nuovo sulla realtà.

Ai primi di gennaio portai a Giampiero un disegno dell’amico Marco Vinicio, il “pittore dei ghiacciai”: raffigurava due scarponi logorati dall’uso che avevano qualcosa della “fatica” di Van Gogh. Giampiero ne fu entusiasta e volle che il carboncino fosse appeso sulla parete di fronte al suo letto. Quegli scarponi erano come la sua poesia: umili e carichi di verità. E forse richiamavano quell’ultimo viaggio che stava compiendo.

Giampiero riuscì a rivedere le bozze di Utopie. Non ci trovammo d’accordo sulla copertina. Era la prima volta che accadeva dopo diversi libri pubblicati con Ares; gli avevo proposto un quadro che a me piaceva molto e che forse, per la dominante del nero, lui trovò malinconico. Fu un rifiuto secco. Io avevo fretta perché volevo licenziare il libro in modo che lui riuscisse a vederlo stampato. Mentre dialogavamo, notai alle sue spalle un quadro con due uccelli color turchese. Gli proposi quell’immagine come alternativa: lui aveva sempre amato gli animali e quei colori accesi avevano qualcosa di edenico. Così nacque la copertina di Utopie, il suo testamento spirituale.

Tra le ultime persone che portai in visita a Neri, ci fu il poeta Davide Brullo, tra i suoi esegeti più affilati. Fu un incontro breve, ma intenso. Brullo su Pangea annotò uno scampolo delle parole del poeta: “Dicono che i racconti di Flannery O’Connor siano duri, feroci. So che allevava pavoni. In tutto, lei vedeva il male, nient’altro che il male. È un talento, certo. Ma nella vita c’è anche il bene…”. Giampiero da sempre si interrogava sull’origine del male.

Di quei giorni – che furono anche di lunghi silenzi – tenni un diario che incrociai con la lettura del bellissimo Giobbe di Ravasi pubblicato da Borla, scovato, tra l’altro, nella biblioteca di Cavalleri. Da quell’esperienza scrissi queste poesie. Il protagonista è un Giampiero/Giobbe in cui la realtà si mescola alla creazione letteraria: un omaggio e un ringraziamento a un maestro che per più di vent’anni mi ha indicato la strada.

Alessandro Rivali

Qualche poesia tratta da Il segno di Iob

V
Era certo che la storia
non potesse terminare,
che non potesse finire la bellezza
fissata nei colori di Rembrandt
o nella dolcezza di Giotto.

Parlava di fine soltanto
chi escludeva il mistero dalla vita,
chi leggeva Moby Dick
come una pagina di quotidiano.

Per lui la poesia
era una stretta di mano
o una macchina per pensare.

Era così felice di Utopie,
il suo ultimo libro,
un titolo che invitava a sognare.

VIII
Aveva letto di una benedizione
che poi augurava a ogni amico:
dormire senza soprassalti,
con lente carezze sul viso,
vedere le tenebre diventare aurora
ed esaudito ogni disegno del cuore.

XI
Aveva strappato la copertina del libro:
così era leggero per le sue braccia
segnate dai lividi e dagli aghi.

Si emozionava alla visita d’un amico
o di una stilografica color del mare.

Nell’ultimo tratto di strada
era confortato dalle piccole cose.

Voleva lasciare l’ospedale
per rivedere i primi alberi in fiore.

XII
Voleva dialogare con Dio
come Mosè di fronte al roveto.

Eppure, vedeva le carovane
deviare dalla sua tenda,
preferivano smarrirsi nel deserto
per non incontrare tanto dolore.

Restavano caligine e scorpioni
e il timore del silenzio di Dio.

Giampiero Neri su “Libero”: il ritratto di Lucia Esposito

Riproponiamo il ritratto di Giampiero Neri fatto da Lucia Esposito su Libero nel 2022. Puoi leggerlo qui.