Su quel palco affacciato sul mare e immerso nei giardini storici dei Parchi di Nervi, in Liguria, si sono esibite stelle leggendarie del balletto, Rudolf Nureev e Margot Fonteyn, Alicia Markova, Yvette Chauviré, Margrethe Schanne e Carla Fracci appena ventenne. Un luogo unico dove l’8 luglio 1955 venne inaugurato il Festival Internazionale del Balletto fondato da Mario Porcile, con i danzatori del Balletto del Teatro Nazionale Croato di Zagabria. Un trionfo. Seguirono altre compagnie illustri del repertorio contemporaneo come il Gran Ballet du Marquis de Cuevas e Alicia Markova. Il coreografo Maurice Béjart iniziò la sua epopea proprio su quel palco e accompagnò, in veste di consulente artistico, l’ultima edizione nel 2004. Si è dovuto aspettare fino al 2019 prima che il Comune di Genova promuovesse la rinascita della manifestazione, Nervi International Ballet Festival che, da quest’anno, vanta un direttore responsabile artistico di fama internazionale, l’étoile genovese, Jacopo Bellussi.

Jacopo Bellussi fotografato da Kiran West durante il tour dell’Hamburg Ballet in Giappone nel 2023
Classe 1993, formatosi al Teatro alla Scala, poi alla Royal Ballet School, ha iniziato la sua carriera nel Bayerisches Staatsballett e, dal 2012, è entrato all’Hamburg Ballett di John Neumeier dove diventò solista e primo ballerino. Una vicenda artistica appassionata e duratura quella nella compagnia del geniale coreografo americano trapiantato in Germania ma finita l’anno scorso quando Neumeier ha lasciato la direzione dopo 51 anni. Dal 2024 Bellussi è étoile del Ballet du Capitole di Tolosa e responsabile artistico del programma del Nervi International Ballet Festival 2025 che ha aperto il 28 giugno e durerà fino al 27 luglio. Il programma è davvero scintillante con 11 serate di spettacolo, 9 masterclass e anche un intenso Fuori Festival tra incontri, film e lezioni. L’abbiamo raggiunto al telefono per raccontarci questa nuova avventura, un altro dei suoi grandi sogni realizzati.
Bellussi, finalmente il Nervi International Ballet Festival 2025 sembra destinato, con lei in veste di responsabile artistico e, al suo fianco, Maina Gielgud ballerina e coach di fama internazionale, a riappropriarsi dei suoi antichi fulgori. È soddisfatto?
Sì, Maina è stata la mia maestra e coach da quando studiavo alla Royal Ballet School, musa di Maurice Béjart, ha ballato con Nureev, Paolo Bortoluzzi, è stata direttrice dell’Australian Ballet. Una leggenda, personalità tra le più importanti del balletto mondiale. Mi segue da anni, in tanti progetti, era molto importante averla accanto perché ha vissuto le stagioni d’oro del Festival in cui ha danzato moltissimi balletti.
In effetti il programma sfodera eccellenze internazionali della grande tradizione ballettistica, con incursioni nel contemporaneo. Tre delle principali compagnie mondiali, il Royal Ballet, il Ballet de l’Opéra de Paris e lo Stuttgarter Ballett ritornano dopo 40 anni, ma non solo. Ci racconta come è nata l’idea di questa edizione?
Il Royal Ballet e L’Opéra di Parigi sono le due compagnie di balletto classico più famose al mondo, perciò, era importante riportarle a Nervi. Rudolf Nureev e Margot Fonteyn sono stati protagonisti del Royal Ballet e beniamini del Festival dagli anni ’60 dove hanno danzato per la prima volta insieme Il lago dei cigni. Ho voluto riportare il balletto classico più puro e anche un po’ del mio passato. Il balletto di Stoccarda l’ho scelto per Romeo e Giulietta di John Cranko, uno dei classici drammatici più conosciuti. L’Opéra di Parigi perché l’étoile Yvette Chauviré è stata anche lei un’icona di Nervi e un esempio dei virtuosismi dell’Accademia francese.
Nel marzo 2022 è stato insignito del titolo di “Ambasciatore di Genova nel Mondo” dal Sindaco di allora Marco Bucci, per il suo contributo culturale e sociale alla città. Che rapporto ha con Genova?
Sono partito molto presto da Genova dove avevo iniziato a danzare nella scuola di Maria Luisa Capiferri, per andare alla Scala e poi alla Royal Ballet School, ma l’amore per questa città non si è mai spento. Durante le vacanze sono sempre tornato, è difficile da spiegare ma quando ballo sento molto i colori della città, di questa terra, l’odore del mare, sono con me in scena e nella mia persona.
A questo proposito il Festival ha aperto, il 28 giugno, proprio con i giovani dell’Accademia del Teatro alla Scala con la divertente Fille mal gardée con la partitura di Peter Ludwig Hertel, un successo firmato dal suo direttore Frédéric Olivieri ritornato, da poco, anche alle redini della Compagnia scaligera. Una sorta di riconoscente omaggio alla scuola dove è cresciuto?
In Scala ci sono stato solo un anno e mezzo mentre cinque alla Royal Ballet School però Olivieri è stato direttore, quindi, c’è qualcosa che mi riporta alle origini. Penso che la Scuola della Scala sia un’eccellenza e volevo ci fosse qualcosa che rappresentasse le basi della scuola italiana, il metodo Cecchetti, per mostrarlo anche alle scuole genovesi.
Ha dato molto spazio ai ragazzi: il 23 luglio, infatti, sarà in scena il Bayerisches Junior Ballett Munchen con un programma di Maestri Contemporanei. Come vede oggi le nuove generazioni, i loro punti di forza ma anche le fragilità?
I ballerini sono una gioventù un po’ separata da tutti, perché dedicano tutta la vita a questa passione, si resta un po’ fuori della vita normale. Oggi si sta sviluppando sempre di più la realtà delle giovani compagnie, le Junior Company, un passaggio intermedio molto bello dopo il diploma, prima di entrare in quelle professioniste. Ho invitato il Bayerisches Junior Ballett perché con loro ho fatto davvero un’esperienza molto formativa. Anche l’Opéra di Parigi ha deciso di mettere una Junior Company. Oggi i giovani tendono ad avere fretta però nel mondo della danza non si può, bisogna partire sempre dal basso, fare tutti gli scalini della gerarchia, si è obbligati ad avere più pazienza rispetto ad altri ambienti. Se uno riesce a non volere tutto subito, a non demordere, è più facile raggiungere il successo perché si evita di bruciarsi. Nella mia esperienza ho trovato sempre molta complicità tra i compagni e non competizione, le peculiarità di ciascuno vissuta come un momento di crescita anche per l’altro, senza invidia.
Nel programma ha realizzato il suo sogno: 9 masterclass per i giovani che possono studiare con famosi maestri internazionali. Una cosa che stava molto a cuore anche al fondatore Porcile, che lei non ha potuto conoscere. Sicuramente avrà sentito parlare di lui fin da bambino?
Sì, a Genova si parlava del Festival come di una leggenda, non l’ho vissuto in prima persona, ma la mia maestra di danza aveva molti video, molti insegnanti al Royal Ballet avevano ballato a Nervi, lo adoravano, ogni due anni venivano al Festival e poi si fermavano al mare a Santa Margherita.
C’è anche un “Fuori Festival” con proiezioni e incontri con personaggi internazionali della danza, una vera maratona dedicata all’arte tersicorea, in tutte le sue sfaccettature, che affluenza prevedete di avere?
Spero ci sarà molta gente, volevo che il Festival avvicinasse tanti ragazzi, come desiderava Porcile, lo abbiamo pubblicizzato all’interno delle scuole e non solo italiane. I film hanno i sottotitoli in inglese. Ci saranno molti incontri per far conoscere i ballerini dal vivo e io sarò presente ad ogni evento del Festival, dal primo all’ultimo.
Molti spettacoli hanno luogo negli incantevoli giardini del Parco di Nervi e altri, quelli più contemporanei, al Teatro Carlo Felice, in base a quale criterio avete assegnato gli spazi alle diverse compagnie?
Per avere così tanti spettacoli avere entrambi i teatri era molto importante, la scelta è legata anche alle richieste tecniche e sceniche. Lo spettacolo del Lucia Lacarra Ballet, per esempio, ha delle proiezioni perciò era meglio un luogo chiuso.
Una delle caratteristiche degli spettacoli ai giardini del Parco è che si sente il fischio del treno, le piace?
È una delle peculiarità e bellezze del luogo.
Quali sono per lei i valori più importanti a cui un danzatore non dovrebbe mai rinunciare?
Un danzatore deve essere determinato, testardo, non arrendersi mai, avere la forza di rialzarsi da solo e molta tenacia. È una carriera piena di ostacoli.
È stato solista e primo ballerino all’Hamburg Ballett di John Neumeier, il suo stile le era molto congeniale perché?
Mi sono innamorato del linguaggio di Neumeier, quando ho danzato il suo Spring and Fall all’ultimo anno della scuola del Royal Ballet, sentivo che faceva per me così ho fatto l’audizione e sono stato preso.
Non è un caso che Neumeier, abbia scelto il Festival di Nervi per il suo addio alla carriera, con il Sogno di una notte di mezza estate, coreografia del 1977. Che ricordo ha di quelle due serate che si sono svolte lo scorso luglio dove ha danzato anche lei?
Tante emozioni ma l’ho goduto meno di quello che avrei voluto perché avendo invitato io la compagnia sentivo molte responsabilità, volevo che tutto fosse perfetto. Alla fine, tutti i tecnici, costumisti, sono saliti in scena con una canzone dedicata a lui. È stato davvero emozionante.
Cosa le ha lasciato di più nella sua carriera Neumeier? Ci racconti qualche aneddoto.
Ha creato un mondo, anche se non è sempre una persona facile, come tutti i geni, ha uno stile essenziale molto lineare ma profondo. È strano per me Porcile si riflette molto in Neumeier, hanno molto in comune, entrambi hanno mosso migliaia di vite, di persone, elevando l’essere umano. Le persone che hanno lavorato con loro si sono sentite toccate dalle loro visioni. L’aneddoto che racconto è un segno del destino: nell’ingresso della mia prima scuola di danza, c’era una parete piena di foto di ballerini che non conoscevo, dal primo giorno mi sono innamorato di una foto. Sono passati molti anni, la scuola è stata venduta, la mia insegnante è morta. Dopo il Gala per il Ponte Morandi volevo far vedere ai miei amici la mia prima scuola, che nel frattempo era diventata un centro fitness. Sono andato un attimo in bagno e l’unica foto rimasta era proprio quella con due insegnanti dell’Hamburg Ballett in Romeo e Giulietta, Romeo è stato il primo e ultimo ruolo principale che ho danzato in compagnia.
Nel frattempo, ha deciso anche lei di lasciare l’Hamburg Ballett che sarà diretto dal giovane Demis Volpi, coreografo di origini argentine, e passare al Ballet du Capitole di Tolosa, è stata una scelta sofferta o si era già preparato da tempo a quest’eventualità?
Andrò anche in un’altra compagnia europea, oltre a Tolosa, ma ancora non è ufficiale. Sicuramente il fatto che andava via Neumeier mi ha spinto a prendere la decisione di cambiare, era il momento giusto.
Lei è un artista dall’animo molto generoso, nella sua carriera ha organizzato vari Gala Benefici, possiamo ricordare quello dopo il crollo del Ponte Morandi nel 2019, per sostenere le famiglie colpite dalla tragedia, che ottenne il tutto esaurito e gli fece guadagnare il titolo di “Talento della città”?
Il crollo del Ponte Morandi è stato qualcosa di terribile, all’epoca ero solista al Balletto di Amburgo, la danza per me deve essere un mezzo per alleviare gli animi, quando si balla per dei motivi così importanti si dà un grande senso a tutto. La danza non dev’essere solo un’arte estetica, ma scaldare i cuori delle persone e avvicinare quelli che sono meno fortunati. Questo gala organizzato con alcuni ballerini dell’Hamburg Ballett è stato un po’ l’inizio, ci siamo sentiti tutti molto vicini a questa causa.
E gli altri Gala?
Poi c’è stato il Covid, un amico di famiglia cardiopatico di mio fratello, Mattia Napoli che giocava a calcio nei giovani del Genova, è mancato nel 2021 e così abbiamo fatto qualcosa per aiutare l’associazione dei Piccoli Cuori, angeli che aiutano le famiglie dei bambini cardiopatici dell’Ospedale Gaslini. Comprano nuovi macchinari e hanno creato delle strutture per ospitare le famiglie che vengono da lontano. Abbiamo ballato sia in reparto al Gaslini davanti ai bambini, sia al Teatro Carlo Felice dove il ricavato è stato donato a quest’associazione.
Sostiene anche l’associazione Liguri Allergici, lei stesso soffre d’importanti allergie e ho letto che deve viaggiare sempre con un’iniezione di cortisone con sé; immagino non sia facile, con la vita che svolge, spesso in trasferta all’estero, stare attento a tutto quello che mangia, come fa?
È diventata una cosa normale, sì sono una persona molto allergica, a nocciole, mandorle, pinoli da quando sono bambino, devo portare con me sempre l’adrenalina e il cortisone, ovunque vada. Per fortuna all’estero non mi è mai successo di star male, solo da piccolo ho avuto shock anafilattici. Sto molto attento agli ingredienti, mi accorgo subito se mangio qualcosa che non va bene. Mi sono abituato e non è più così strano per me.
Com’è il suo rapporto con la spiritualità?
Sono una persona religiosa, cattolico, ho ricevuto tutti i sacramenti, credo in qualcosa dopo la vita, penso che ci sia una realtà più grande di noi che ci spinge a seguire la nostra vocazione. Quando sono in scena cerco di non essere nessuno ma semplicemente Jacopo, penso solo ai passi che devo fare e questo mi porta lontano da me verso qualcosa di più grande.
Le piace il nuovo papa Leone XIV?
Sì, mi sembra concreto, mi piaceva molto anche papa Francesco.
Oltre alla danza ha altre passioni?
Le immersioni, ho il brevetto in diving, da quando ho 17 anni, ho iniziato per caso in una vacanza in Sardegna. Vorrei avere più tempo per farlo, mi dà una sensazione di pace e mi avvicina all’idea del volo.
È molto grato alla sua famiglia ed è molto legato a suo fratello Andrea che giocava nei giovani del Genova e ora fa l’allenatore, qual è il dono più grande che ha ricevuto da loro?
I miei genitori sono tutto, la mia forza in ogni momento della vita, mi hanno sempre supportato senza pressioni, creduto in me e nel mio sogno.
Guardando al futuro, 32 anni di vita intensa, cosa si aspetta ancora dalla sua carriera e nella sfera privata?
Mi aspetto di continuare a vivere questo momento così come ora cercando di essere me stesso.
In programma ci sono opere simboliche come Pas de Quatre di Jules Perrot e Songs of a Wayfarer di Maurice Béjart. Ci può spiegare la scelta di questi pezzi così iconici?
Nel 1957 la ventenne Carla Fracci ha ballato il Pas de Quatre, accanto alle tre dive del balletto classico, Alicia Markova, Yvette Chauviré e Margrethe Schanne oggi ho invitato per il Gala quattro prime ballerine incredibili: Ida Praetorius, Cassandra Trenary, Aliya Tanikpaeva e Jessica Xuan. Songs of a Wayfarer l’ho scelto per omaggiare un altro grande ballerino genovese, Paolo Bortoluzzi, allievo della scuola di Porcile, che lo danzò con Nureyev nel 1973 e che io ballerò con Matthew Ball. È l’unico momento danzante che mi sono concesso in questo Festival.