La questione del riarmo dell’Europa (il piano Readiness 2030), così attuale, rievoca il progetto della Ced (Comunità europea di difesa), di cui De Gasperi è stato uno strenuo promotore. La creazione di un unico esercito europeo per De Gasperi era la via alla realizzazione di uno Stato federale europeo, a base popolare, che avrebbe dovuto avviare un positivo cambiamento nelle relazioni sociali ed economiche tra i cittadini europei. I forti princìpi ispiratori dell’europeismo degasperiano possono ancora essere un modello per la politica europea. Francesco Libotte ha conseguito una laurea magistrale in Studi storici, antropologici e geografici all’Università di Palermo con una tesi sull’ideale europeo di De Gasperi e Spinelli; ha collaborato con la Fondazione De Gasperi scrivendo tre articoli pubblicati sul sito web della stessa.

Una delle questioni maggiormente discusse in questi ultimi mesi è quella del riarmo dell’Europa. La volontà (almeno dichiarata) degli Stati Uniti di ridurre l’impegno bellico nel Vecchio Continente e la minaccia della Russia con la guerra in Ucraina ancora in corso hanno spinto l’Unione Europea a inaugurare un progetto di rafforzamento militare da 800 miliardi di euro, il piano Readiness 2030.

Senza entrare qui nel merito della questione è innegabile che si tratti di un evento epocale. Infatti, oltre all’investimento economico da record, la militarizzazione europea – che in queste dimensioni non avveniva dalla Seconda guerra mondiale – costringe a un confronto con la storia.

Sono state riportate alla memoria le origini dell’Unione Europea e ricostruito il contesto storico dei suoi primi passi. Sono stati spesso rievocati i padri fondatori dell’Europa, De Gasperi fra tutti. Ed è stato ricordato che proprio in quegli anni di fervore europeista nacque il progetto di un esercito europeo, la Ced, la Comunità europea di difesa, che ebbe proprio in De Gasperi il maggiore promotore.

Che cosa prevedeva la Ced? In che modo il progetto di un esercito europeo era legato all’idea di Europa? Quale era l’europeismo dello statista trentino?

Quando Spadolini si chiese da dove «l’antico Presidente del Consiglio» traesse la forza dell’europeismo che per lui rappresentava quasi una seconda natura, individuò la risposta nel suo odio verso la guerra1. De Gasperi aveva vissuto le due guerre mondiali in tutta la loro drammaticità e si era convinto che l’unica strada politica per eclissare definitivamente la sovranità nazionale, causa principale di guerre, conflitti e divisioni fosse la creazione di uno Stato europeo. Egli riteneva che questa nuova entità politica dovesse essere uno Stato federale a opera di forze popolari e democratiche, ritenendo inadeguate le soluzioni proposte dalla corrente confederale (propugnata da Winston Churchill) e da quella funzionalista (caldeggiata da Jean Monnet)2.

Europa federale e dei popoli

La questione non era di carattere teorico. Si trattava di considerare la costruzione europea come un effettivo processo di devoluzione di competenze statali alle istituzioni federali. Non bastavano istituzioni europee in cui ogni Paese trovasse la sua rappresentanza attraverso i propri governanti, ma occorrevano, secondo De Gasperi, istituzioni europee tendenzialmente indipendenti dagli Stati. Il principio federalista richiedeva infatti la creazione di un’autorità politica svincolata dagli interessi dei singoli Stati, che andasse oltre la mera cooperazione e fosse autenticamente sopranazionale. Egli auspicava inoltre un’Europa dei popoli, non un’Europa di tecnocrati guidata da élite illuminate, da agenzie specializzate, da efficienti diplomazie o da una ristretta cerchia di esperti. Gli stessi cittadini europei avrebbero dovuto consapevolmente partecipare a questa integrazione, attraverso il voto e attraverso istituzioni giuridiche federali che rendessero possibile la rappresentanza popolare, come il Parlamento europeo.

Per De Gasperi tale assetto politico significava anche giustizia ed equità nelle relazioni fra i cittadini europei. La fine del dogma della sovranità statale doveva infatti significare un cambiamento nelle relazioni sociali ed economiche e quindi un superamento delle condizioni di povertà e di disoccupazione del dopoguerra. La nuova Europa significava per lui una società più umana, tollerante, giusta e politicamente libera. È evidente qui l’ispirazione alla dottrina sociale cristiana e ai suoi princìpi di dignità della persona, di solidarietà, sussidiarietà e bene comune. D’altra parte, tutta la vita politica dello statista trentino fu caratterizzata dal continuo dialogo con esponenti dalle più svariate impostazioni ideali e culturali, talvolta lontanissime dalla sua matrice di pensiero. Questo si può constatare fin dai suoi primi incarichi politici nel contesto multietnico e multinazionale dell’Impero austro-ungarico e, in seguito, nel suo ruolo da protagonista nell’Assemblea costituente italiana, dove lavorò alla nascita della nuova Repubblica cooperando con le molteplici forze politiche del nostro Paese. Egli era certo che la condizione per una convivenza pacifica passasse attraverso l’armonizzazione delle diverse correnti di pensiero. De Gasperi, infatti, con la sua rara capacità di aprirsi agli apporti culturali provenienti da ambienti diversi, traeva tutto ciò che di positivo poteva venirne. In uno dei suoi ultimi discorsi tenne a ribadire come l’essenza dell’internazionalismo fosse la sintesi storica di fattori ideologici diversi, ognuno dei quali arreca elementi giuridici, sociali e spirituali atti a promuovere l’unità e la pacifica collaborazione delle genti3.

De Gasperi e Spinelli

Emblematica fu la sintonia che lo legò a un altro padre fondatore dell’Europa, Altiero Spinelli. Egli si era formato nelle file del Partito comunista, ma se n’era presto allontanato, fino a diventare anticomunista e a elaborare una politica autonoma del tutto nuova delineata nel Manifesto di Ventotene, scritto insieme a Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni nel 1941, durante il confino nell’isola pontina. Spinelli sviluppò ulteriormente il suo pensiero, fino a fondare il Movimento federalista europeo, che divenne un punto di riferimento importante anche per De Gasperi.

Infatti, le profonde differenze politiche che separavano De Gasperi e Spinelli non impedirono la particolare intesa che si creò tra i due personaggi nella collaborazione alla costruzione del loro sogno comune, l’Europa unita. Spinelli trovò in De Gasperi un interlocutore attento e disponibile all’ascolto, mentre De Gasperi nutrì il suo federalismo anche delle elaborazioni giuridiche di Spinelli. Lo statista trentino seppe recepire dalla cultura federalista spunti istituzionali che andarono a integrarsi nel suo iter formativo4. Fra i due padri fondatori dell’Europa, con storie e fedi molto distanti, ci fu talvolta una sintonia persino maggiore di quanta ciascuno di loro ne trovò fra i propri compagni politici. Questo fecondo confronto di idee e di reciproco arricchimento è forse l’eredità più importante lasciata dai pionieri del sogno europeo.

Al culmine di tale sforzo di armonizzazione si colloca poi il progetto che entrambi avevano più a cuore, che fu appunto la Comunità europea di difesa.

Dal “piano Pleven” al progetto della Ced

Lo scenario successivo al Secondo conflitto mondiale era caratterizzato da problematiche complesse. In un’Europa distrutta e impoverita, in cui tutto era da ricostruire, incombevano le nuove tensioni e incertezze dell’inizio della Guerra fredda. In questo contesto furono poste le basi per un’unificazione europea, tra Paesi che fino a pochi anni prima avevano combattuto l’uno contro l’altro la guerra più sanguinosa della storia. Tutto ciò fu reso possibile grazie all’intesa politica e ideale fra alcuni leader di grande visione, quali Schuman, Adenauer e lo stesso De Gasperi. Com’è noto, l’Unione Europea aveva già preso l’avvio con accordi economici per la creazione di un mercato comune del carbone e dell’acciaio. Il 9 maggio 1950, esattamente 75 anni fa, venne presentato il “piano Schuman”, il primo passo per l’istituzione della Ceca, alla quale aderirono i 6 Paesi della cosiddetta Piccola Europa. Lo scoppio della Guerra di Corea poche settimane dopo rese però urgente la questione del rafforzamento militare europeo, che comportava anche il riarmo tedesco, auspicato in particolare dagli Stati Uniti. Furono gli anni di maggiore tensione tra l’Urss e il blocco occidentale; le armate sovietiche erano schierate lungo il confine orientale della Germania Federale ed era concreta la possibilità che in Germania si verificasse quanto era appena avvenuto in Corea. Il pericolo di una nuova guerra era reale e anche in Italia fu aspro il dibattito sulle risorse da investire in spese militari. De Gasperi infatti era stato in grado di condurre il Paese, sconfitto dalla guerra, nell’area occidentale, e di ottenere che l’Italia entrasse a far parte della Nato. Ora però gli Stati Uniti minacciavano di interrompere gli aiuti economici del Piano Marshall se l’Italia non si fosse equipaggiata adeguatamente in armamenti5.

L’impellenza contingente di rafforzare la difesa, unita agli ideali dei padri fondatori dell’Europa, diede così l’impulso al progetto di un esercito comune europeo. Anche la Francia, la più restia al riarmo tedesco, dovette cedere alla grave urgenza della situazione storica e fu lo stesso governo d’oltralpe a elaborare il cosiddetto “piano Pleven”. Non si trattava di una semplice alleanza militare tra Stati, né solo di una cooperazione tra eserciti, ma conteneva già i tratti di un progetto politico sovranazionale più ambizioso. De Gasperi, uomo di pace non particolarmente esperto di questioni strategiche, fu inizialmente perplesso, ma intuì ben presto l’eccezionale occasione che si prospettava. La fusione degli eserciti europei (compresi i contingenti tedeschi) posti sotto un unico comando si presentava infatti come una via per ottenere un’unificazione anche politica.

Venne convocata a Parigi una conferenza per discutere il progetto con i Paesi dell’Europa occidentale. I lavori iniziarono nel 1951 e il 27 maggio dell’anno seguente i 6 Paesi già membri della Ceca firmarono il trattato che istituiva la Ced, «uno dei più importanti avvenimenti della nostra epoca», come lo giudicò il segretario di Stato americano Acheson. De Gasperi fu tra i più convinti promotori di questo progetto. Durante i lavori della conferenza così si rivolse agli italiani, parlando alla radio, per spiegare gli ideali con cui il Paese partecipava ai lavori per il trattato:

Non vi parlerò dell’Italia, ma dell’Europa, dell’Europa di domani, di quell’Europa che vogliamo ideare e costruire. Che cosa si intende fare quando si parla di una Federazione europea? Ecco all’ingrosso di cosa si tratta: di una specie di grande Svizzera, che comprende italiani, francesi e tedeschi. […] Ma taluno domanderà perché, a proposito di questa impresa pacifica, si parli sempre di eserciti, di organizzazione militare, di armamenti. Rispondo che così si presentano le cose nella storia. La Svizzera come è nata? Da una necessità di comune difesa. Gli Stati Uniti come sono nati? Da una guerra d’indipendenza, da un ideale di libertà. […] Ecco perché non c’è nulla di strano che questa possibilità si apra proprio nel momento in cui si discute di armi, di necessità di difesa, di mettersi insieme per la difesa delle proprie libertà. Ma non bisogna confondere l’occasione, il mezzo, la via per la costruzione, cioè il punto di partenza, con la costruzione stessa, con il nostro ideale6.

Il fallimento del progetto

Il merito più grande dello statista trentino fu ottenere che l’Assemblea parlamentare della Ced avesse anche la veste di una precostituente europea, con il compito di preparare entro 6 mesi la trasformazione in un organismo federale basato sul sistema bicamerale e sulla separazione dei poteri. Tutto ciò era previsto dall’articolo 38 del trattato istitutivo della Ced, frutto del lavoro congiunto di De Gasperi e Spinelli, leader del Movimento federalista. Con l’inserimento di questo articolo la Ced sarebbe diventata una speranza straordinaria per creare uno Stato federale europeo.

Il disegno di legge di ratifica fu approvato in Commissione il 4 marzo del 1953; ma la legislatura stava per terminare nel clima arroventato del confronto sulla riforma della legge elettorale e le elezioni di giugno segnarono una sconfitta politica per De Gasperi e il suo tentativo di formare un governo non ottenne a luglio la fiducia della Camera. Nel mese di aprile dell’anno successivo il presidente del Consiglio Scelba su insistenza di De Gasperi ripresentò alla Camera il disegno di legge di ratifica. Il trattato era stato già ratificato dai tre Paesi del Benelux e dalla Germania7. Ma proprio in Francia, dove era nata l’idea della Ced, il progetto venne affossato il 30 agosto 1954, con la mancata ratifica dovuta all’anomala unione fra militaristi gollisti e comunisti. Il sogno dello statista trentino di un’Europa unita, militarmente e politicamente, non vide pertanto la luce.

De Gasperi morì improvvisamente in Valsugana il 19 agosto. In una delle sue ultime lettere ad Amintore Fanfani aveva manifestato le sue preoccupazioni per la mancata creazione della Comunità europea di difesa8.

Di questa vicenda resta sicuramente l’esempio politico di De Gasperi. Come si è accennato, non mancarono le critiche al suo stile e alle sue scelte, anche tra i membri del suo stesso partito. Tuttavia, così lui rispondeva a chi lo accusava di elaborare un progetto, quale la Ced, in chiave anti-russa:

Noi vogliamo realizzare l’Europa e la vogliamo realizzare non per escludere sempre la Russia, ma per trattare, per chiarire, per fare la pace con la Russia. Questo è il nostro ideale, la nostra forza; ma prima dobbiamo sapere cosa vogliamo e trovare entro noi stessi la forza di ricostruire un’Europa e di darle una vitalità9.

Sono parole che risuonano particolarmente attuali. Anche Readiness 2030 ci interpella: quale Europa vogliamo essere? Qual è il nostro ideale e la nostra forza?

1 G. Spadolini, De Gasperi e Croce, in Id., Tre maestri. Croce, Einaudi, De Gasperi, Uipc, Roma 1966, p. 41.

2 Cfr S. Pistone, L’integrazione europea, Utet, Torino 1999, pp. 11-22.

3 Discorso di De Gasperi alla Conferenza parlamentare europea, 21 aprile 1954, in A. De Gasperi, L’Europa. Scritti e discorsi, a cura di M.R. De Gasperi, Morcelliana, Brescia 2004, p. 201.

4 Cfr D. Preda, Alcide De Gasperi federalista europeo, Il Mulino, Bologna 2004, p. 393.

5 Su queste vicende cfr G. Formigoni, La Democrazia cristiana e l’alleanza occidentale: 1943-1953, Il Mulino, Bologna 1996, pp. 375-378.

6 A. De Gasperi, L’Europa, cit., p. 130.

7 Cfr P. Gianniti, L’antico sogno degli Stati Uniti d’Europa, Aracne, Roma 2025.

8 Questo l’esordio della lettera del 14 agosto 1954: «Se le notizie che giungono oggi dalla Francia sono vere, anche solo per metà, ritengo che la causa della Ced sia perduta e ritardato di qualche lustro ogni avviamento all’Unione Europea» (in Edizione nazionale Epistolario Alcide De Gasperi, www.epistolariodegasperi.it).

9 “De Gasperi e la CED in una riflessione di Giulio Andreotti” del 1981, cfr pagina web dell’Istituto Luigi Sturzo del 12 marzo 2025 (sturzo.it).