
Davide Brullo, foto di Walter Capelli
«Poeta eccentrico quant’altri mai – nel senso che il mobilissimo centro del suo dire è sempre altrove – Davide Brullo torna a sorprendere», diceva di lui Cesare Cavalleri nell’agosto 2017 inserendone tra le sue “Letture” l’Abbecedario antartico fresco di stampa. «Poesia al limite della glossolalia, suono di parole entomologizzate sulla pagina che le sostiene», ridirebbe oggi Cavalleri di questa nuova poesia, inedita, che Brullo offre ai lettori di Sc fornendone (a nostra richiesta) le convenientissime istruzioni per l’uso. Eccole:
«È impossibile dare ragione di una poesia: una stanza le cui anche sono proprietà dei lettori; le fecondino loro; ne facciano alcova o tempio. Certo, c’è l’immagine – una casa gonfia di libellule – e ci sono i segni, spesso fraintesi, come l’acrostico di Cristo, crosta pleistocenica, megalodonte e colomba, che non demorde, morde, accarezza. Il tuono e il bimbo, l’insetto e il leone, il martin pescatore e la neve: da dove arrivano queste figure? A chi scrive non spetta che farsi brocca, che farsi rispetto. Ma che l’errore sia una rosa non è condono né cordoglio – significa, semmai, cingere il creato in un inno, dire sì al suo talare. E ritrarsi, perché la chiamata, forse, non fu che ululato, il fischio che accalca i cani nella sparuta sera, senza zaino né frecce».
Tra i libri che Davide Brullo ha pubblicato, a lui piace ricordare Lince (Crocetti 2022) e La pantera (Industria & Letteratura 2024), e che ha curato con Nicola Crocetti una “antologia della poesia universale” (2023) e una “antologia della poesia religiosa” (2024). Ma anche che ha tradotto i Salmi (Aragno 2021) e Qoelet (De Piante 2025).
Tra poco la casa si riempirà
di libellule: gli estranei hanno aperto
uno stagno e lì era il bambino
con il becco, lì eri tu che significavi
un rogo, eri tu con la legna ancora in mano
ora occorre la maestria degli anfibi:
ciò che arde è un tuono sulla
seggiola, è il codardo che aggiusta
la corda in un levriero – nell’urgenza
dei giunchi i morti saettano come
il martin pescatore ed è blu ed è
ispirata la tua caccia agli insetti:
non lenire la fiducia delle piogge
arriveranno irrobustite dall’avarizia
degli alisei e ne ruberemo il germoglio
perché si dica un leone ha passeggiato
nel soggiorno – dillo: se si è frantumato
è per la perizia con cui muovi le forbici
se ci fronteggia basta generare un monsone
con le dita: sai che è così che accade
il lupo, la neve e un figlio chiamato febbraio
non hai interpellato l’ultima: forse
perché libera la luce dai favi fino
a udirne il cinguettio – la volevi in volo
ma a volte è bene imparare dagli impuri
gesti e pietrificare i volti in un erario
di errori, dire della disgrazia che fu
l’embrione di una rosa