L’odierna Iznik, città turca che conta attualmente circa 20mila abitanti, è situata a 130 km a sud-est di Istanbul, sulla riva orientale del lago che prende il nome dell’omonima città. In passato, Iznik si chiamava Nicea; era stata fondata dal generale macedone Antigono I Monoftalmo nel 316 a.C. e apparteneva alla Bitinia, antica regione dell’Asia Minore, affacciata sul Mar Nero e sul Mar di Marmara. Fu un altro generale macedone, Lisimaco, a dare alla città il nome di Nicea, in ricordo di sua moglie, Níkaia (“vittoriosa”).

Nella primavera del 325 fu celebrato a Nicea il primo dei concili ecumenici, convocato dall’imperatore Costantino, in quanto pontifex maximus, che con l’editto di Milano (313), insieme all’imperatore Licinio per l’Oriente, riconobbe ai cristiani il diritto di professare la propria fede, segnando così la fine delle persecuzioni contro di essi. Il vescovo Eusebio di Cesarea, che fu testimone oculare del concilio di Nicea, ci ha lasciato il suo racconto dell’assemblea nella Vita di Costantino, scritta nel 337. Furono all’incirca 300 i vescovi dell’ecumene (la terra abitata allora conosciuta), in larga maggioranza orientali, che si recarono a Nicea. Il Papa, san Silvestro I, non prese parte al concilio ma inviò due presbiteri del clero romano, Vincenzo e Vito, quali legati pontifici. Tra i vescovi giunti a Nicea c’erano Alessandro, patriarca di Alessandria d’Egitto, il suo stretto collaboratore, sant’Atanasio, e san Nicola, vescovo di Mira (oggi Dembre, anche in Turchia), le cui reliquie sono venerate a Bari. Tra i padri conciliari di Nicea di Occidente spicca il vescovo Ossio di Cordova, molto apprezzato da Costantino.

Il concilio di Nicea ebbe a condannare le tesi di Ario, sacerdote libico, che negava la divinità di Gesù Cristo, che sarebbe stato creato dal Padre e pertanto a lui subordinato, e proclamò che il Figlio è consustanziale (homooúsios) al Padre. Frutto del concilio fu la formulazione del Simbolo della fede, ossia il Credo tuttora recitato nella celebrazione eucaristica della domenica e delle solennità, mediante il quale la Chiesa esprime la sua fede trinitaria, che fu arricchito con le successive aggiunte del secondo concilio ecumenico (Costantinopoli I, 381), conosciuto con il nome di “Simbolo niceno-costantinopolitano”. Inoltre, i Padri conciliari di Nicea stabilirono la celebrazione della Pasqua la domenica successiva al primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera. Ugualmente a Nicea, nel 787, si tenne un altro concilio ecumenico, il settimo, che condannò l’iconoclastia, ovvero l’opposizione al culto delle immagini sacre.

Istanbul

In occasione del 1700° anniversario del concilio di Nicea, mi sono recato in Turchia durante la prima settimana di novembre. Appena si raggiunge l’aeroporto di Istanbul, situato sulla sponda europea della città, vicino alla costa del Mar Nero, ci si accorge di essere su un ponte tra Oriente e Occidente. Per tutto il nostro soggiorno ci ha accompagnati la sapiente guida della dottoressa Rosa Gul Baslangic. Nelle vicinanze del palazzo Topkapi (“Porta del Cannone”), residenza dei sultani ottomani per quasi 400 anni, si trova la chiesa di Santa Irene, dove si svolse il secondo concilio ecumenico, che ebbe a completare il Simbolo di Nicea e ad affermare la divinità dello Spirito Santo. Nell’abside della chiesa si può contemplare una grande croce. La chiesa di Santa Irene attualmente è completamente spoglia; non è stata trasformata in moschea e viene utilizzata come sala per concerti di musica classica.

L’interno di Santa Irene, ora sala per concerti di musica classica. Foto di Dosseman /Wikicommons

Come disse Procopio di Cesarea (storico del VI secolo), la basilica di Santa Sofia è uno «spettacolo d’ineguagliabile bellezza». Intitolata alla Sapienza Divina, Santa Sofia ha una storia travagliata. Come la basilica di San Giovanni in Laterano, la basilica di Santa Sofia fu fatta costruire dall’imperatore Costantino, e consacrata nell’anno 537, sotto l’imperatore Giustiniano. Il quinto concilio ecumenico si tenne a Santa Sofia (Costantinopoli II, 553) e condannò il monofisismo, tesi sviluppata da Eutiche (la natura umana di Gesù sarebbe assorbita da quella divina). Il sesto concilio ecumenico si tenne nel palazzo imperiale (Costantinopoli III, 680-681) e dichiarò eretico il monotelismo (Gesù Cristo avrebbe una sola volontà, quella divina).

Dopo la conquista di Costantinopoli da parte degli ottomani, nel 1453, Santa Sofia diventò una moschea fino al 1934, anno in cui venne convertita in un museo per decisione del governo presieduto da Mustafa Kemal Atatürk. Con decreto presidenziale, nel 2020 Santa Sofia è diventata nuovamente una moschea. Accanto alla biglietteria, prima di raggiungere l’ingresso, si legge in un cartello Mosque Tickets Only. Durante gli orari di preghiera l’ingresso a Santa Sofia è gratuito per i musulmani, per i quali è riservato il piano terra. Attualmente un doppio telo in forma triangolare copre nell’abside il mosaico della Madonna con il Bambino Gesù sulle ginocchia, che però si scorge lateralmente dal piano superiore. Nella galleria di sopra, lo splendido mosaico della Deesis (“intercessione”, “supplica”), tema iconografico molto diffuso in Oriente, raffigura Cristo pantocratore tra la Vergine Maria e san Giovanni Battista (accanto si legge in greco: “Il prodromo”, cioè il precursore). Ci sono altri mosaici religiosi, decorativi, che raffigurano imperatori, imperatrici, ecc.

Santa Sofia, oggi moschea /Wikicommons

Anche la chiesa di San Salvatore in Chora è stata trasformata in moschea nel 2020. Il tema principale dei mosaici, restaurati pochi anni fa, è la vita della Vergine Maria. Nei momenti di preghiera musulmana le immagini sacre che si trovano all’interno della cappella vengono coperte.

Cristo Pantocratore nella Chiesa di San Salvatore in Chora

L’antica città di Calcedonia (oggi Kadiköy) è situata sul lato asiatico di Istanbul. A Calcedonia, nella chiesa di Santa Eufemia, è stato celebrato il quarto concilio ecumenico (Calcedonia, 451), che definì che nell’unica persona di Cristo convengono due nature, la divina e la umana, rimanendo unite ma distinte, senza confondersi (unione ipostatica).

Iznik – Nicea

Dopo aver lasciato Istanbul proseguiamo verso sud, a Iznik, meta principale del nostro viaggio in Turchia. Nel 2014 sono stati scoperti i resti di una chiesa a tre navate sommersa sulla riva del lago. Si tratta della chiesa dei Santi Padri, edificata a metà del sec. IV in ricordo del primo concilio ecumenico, lì dove prima esisteva una chiesa lignea dedicata a San Neofito, giovane martire locale. Probabilmente si trattava della “casa di preghiera” a cui fa riferimento Eusebio di Cesarea nella sua biografia di Costantino. Tenendo conto che la chiesa originaria di legno era troppo angusta per accogliere i partecipanti al concilio, l’Imperatore offrì il palazzo imperiale, che oggi non esiste più, per lo svolgimento dell’assise conciliare. Attualmente le acque si sono ritirate e nei pressi degli scavi archeologici è stato allestito uno spazio museale e una passarella che acconsente di contemplare da vicino quello che resta dell’antica chiesa dei Santi Padri.

Non senza una certa emozione recitiamo il Credo, nello stesso modo in cui lo facciamo tutte le domeniche nella santa messa. Proprio in questo luogo si recherà papa Leone XIV il 28 novembre, dove avrà luogo un incontro ecumenico di preghiera.

La Basilica sommersa nel lago di Iznik. Drone shot/ Shutterstock

La chiesa di Santa Sofia di Iznik è stata ricostruita, ma fu convertita anch’essa in moschea nel 2011. Qui si svolse il settimo concilio ecumenico (Nicea II, 787), che affrontò la crisi iconoclasta e si pronunciò proprio in favore del ristabilimento del culto delle immagini.

Bursa e Efeso

Dopo aver lasciato Nicea arriviamo a Bursa, dove incontriamo don Dariusz Dogondke, sacerdote polacco fidei donum, parroco della comunità cattolica di questa città. Colpisce la fede e lo spirito missionario di don Dariusz, che ci racconta con vera passione la sua attività pastorale in questa città lungo la famosa “via della seta”. «Non conto mai quanti siamo i cattolici qui», ci dice, nonostante egli lo sappia perfettamente.

Il nostro viaggio prosegue in direzione di Efeso, una delle 7 chiese dell’Apocalisse, situata sulla costa egea. San Paolo vi soggiornò per circa 3 anni. Sulla collina di Selçuk si trovano i resti della basilica (sec. VI) che custodiva le reliquie di san Giovanni, il discepolo amato da Gesù, morto molto anziano in questa terra. Nel sito archeologico di Efeso visitiamo il tempio di Adriano, la splendida biblioteca di Celso e il teatro.

La biblioteca di Celso a Efeso

Nella basilica di Santa Maria, detta anche del Concilio, è stato celebrato il terzo concilio ecumenico (Efeso, 431), che affermò la divina maternità di Maria (Theotókos), e proscrisse il nestorianesimo, dottrina che sosteneva che in Cristo la natura divina e la natura umana sono separate in due persone diverse. Secondo un’antichissima tradizione, laddove si trova il santuario di Meryem Ana (sec. IV), unico luogo di culto della Madonna in Turchia, è vissuta la Vergine Maria con l’apostolo san Giovanni. È particolarmente toccante il saluto dell’arcivescovo metropolita di Izmir (Smirne), Martin Kmetec, francescano conventuale originario dalla Slovenia, che non può contenere la sua emozione all’incontrarci.

Pamukkale e Laodicea

L’ultimo giorno in Turchia è dedicato a visitare l’antica Hierapolis (oggi Pamukkale), dove possiamo ammirare edifici termali, un teatro e la “via dei sepolcri”. In questo luogo si trova la chiesa dove fu martirizzato l’apostolo san Filippo. Da una montagna sgorga acqua termale ricca in sale di calcio che scivola lungo le pareti di travertino e si solidificano, formando come un castello di cotone, che diventa un vero spettacolo della natura.

Prima di prendere l’aereo all’aeroporto di Denizli, che ci lascerà in quello di Istanbul, per rientrare successivamente a Roma, c’è ancora tempo per visitare l’antica città di Laodicea. Nell’area archeologica ci accoglie il professor Celal Şimşek, direttore dell’Istituto di Archeologia dell’Università Pamukkale e capo della missione che ha ritrovato la basilica di Laodicea nel 2011. Durante il percorso possiamo constatare che i resti del tempio si trovano in un buono stato di conservazione.

Alla fine di questo itinerario prevale un senso di ringraziamento per le cinque giornate trascorse in Turchia visitando i luoghi dove si svolsero i primi 7 concili ecumenici, a pochi giorni di distanza del primo viaggio apostolico di Leone XIV. Il nostro è stato soprattutto un pellegrinaggio nei luoghi che furono la prima culla del cristianesimo, dove, nonostante tutto, il piccolo seme del Regno di Dio continua a essere sparso.