Col suo primo romanzo, Il mio nome nel vento (Mondadori 2023, , Alessandro Rivali compie un’operazione di giustizia della memoria che gli Ebrei chiamano Zachor. Si tratta di un precetto secondo il quale occorre onorare la propria famiglia attraverso la memoria, rendendola cioè non più ricordo, sempre in balia del momento e dello stato d’animo in cui si richiama una situazione, ma solida e immutabile storia nella Storia. Infatti, Rivali ci catapulta direttamente a Barcellona durante la guerra civile spagnola e ci fa partecipi delle scelte della Famiglia Moncalvi, che decide di lasciare tutto (amici, scuole, un’attività solida e la certezza economica) e si imbarca per tornare a Genova.
Genova, luogo di confine e di orizzonti, non offre solo lo scenario alla vicenda, ma diventa lei stessa protagonista attraverso il vagabondare dei bambini con lo zio Lodovico, coi locali tipici (la caffetteria Romanengo), coi suoi monumenti (il Carlo Felice, per esempio), con i fantasmi di Staglieno e i modi un po’ così dei suoi abitanti.
Il mio nome nel vento è un libro fatto di strappi, che coincidono con paure e decisioni prese in emergenza ma lucide. E ci sono elementi ricorrenti come gli incubi e i serpenti che sono presagi di morte (p.9 e p.129); “l’insonnia nera” (p.15) che si contrappone al “tempo bianco” (p.251); i morti che ci legano tutti; il cibo che attraverso sapori e odori intreccia date e luoghi (p. 22-23 e p.161).
La casa di campagna è il terzo sfondo della narrazione: qui vita e morte danzano continuamente, qui il protagonista imparerà i “nomi delle cose” grazie a un giardiniere, e sempre qui conoscerà la sottile sfumatura tra giusto e sbagliato; dovrà fare i conti con sé stesso e sul suo non sentirsi adeguato (sentimento tipico dell’adolescenza). Rovereto e la Villa di famiglia sono anche il luogo in cui Augusto, il protagonista, scopre l’amore: prima attraverso l’amore altrui (quello perso dello zio Lodovico, poi con quello atteso di Giulia, quindi con il racconto della vita del padre) e infine con il sentimento verso Laura.
Un gioco sottile quello dei personaggi: donne forti e determinate sono rappresentate dalla mamma di Gutin, dall’amante dello zio Lodovico e dalla sorella Giulia, che è l’appoggio costante del protagonista: sorella, ma anche madre, poi confidente, infine sua pari e compagna del cammino di vecchiaia. E proprio di frammenti del diario di Giulia il libro è incastonato, con tutti i dolori e le frustrazioni di chi è stata costretta a crescere troppo in fretta.
Non è un libro facile, quello di Rivali, ma è un libro per tutti. Un libro nel quale ritrovarsi. Perfetto per gli adolescenti perché lo si può considerare un racconto di formazione e perché lucidamente affronta un periodo storico che le nuove generazioni stanno iniziando a percepire come lontano nel tempo; stimolante per gli appassionati di Storia e anche per chi ama le leggende (p.113); necessario per tutti quelli che in famiglia hanno avuto qualcuno che ha vissuto la Seconda Guerra mondiale e non l’ha raccontata.
Su quest’ultimo punto: non c’è una visione univoca dei conflitti, bensì una lucida riflessione sulla relatività delle situazioni, o meglio, sulla impossibilità di catalogare il bene e il male in maniera definitiva, tanto che il protagonista ha un ultimo mentore prima di raggiungere l’età adulta: Ernst, un medico tedesco che, fedele al proprio nome (Ernst significa onesto, ma anche serio e critico) racconterà lo strazio dell’essere diviso tra il dovere imposto, la vocazione alla cura e la disillusione.
Tutta la narrazione è scritta con lo stile unico che può avere un poeta: frasi veloci e precise, pensieri espressi in modo sempre nitido, parole scelte con cura perché “Chi parla bene, tocca le anime e cambia i destini” (p.53)
E non è un caso che si usi Vento; il vento che apre nel titolo e chiude l’ultimo capitolo, e sottolinea l’irrequietezza di Augusto, il tumulto della sua mente, lo scandire del tempo “quando tutto era futuro e vento” (p.251), il cambiamento (p.40) ma soprattutto vento come anemos, che ha la stessa radice di anima.
Cristina Daglio