Sabato 22 marzo non è stato solo l’arrivo della primavera a illuminare la nostra sede, bensì anche l’incontro Tre voci, tre destini: Deledda, Blixen, Némirovsky tra lingua e identità, cui hanno partecipato Laura Vallieri, Rossella Pretto e Cinzia Bigliosi. Le autrici Ares hanno presentato le loro opere – rispettivamente Grazia Deledda, Karen Blixen e Irène Némirovsky –, e hanno rivelato dettagli sconosciuti al grande pubblico sulle scrittrici indagate dalla loro lente di ingrandimento.
L’immortalità delle opere letterarie spesso cela l’identità e la storia di chi le scrive, elementi fondamentali per comprendere gli autori. Laura Vallieri parla di una Grazia Deledda (1871-1936) fortemente legata alla sua Sardegna, tanto da celebrarla sin dall’infanzia attraverso la scrittura. Nella nostra società, che spesso trascura tale legame, Deledda ci ricorda la sua importanza per capire da dove veniamo e chi siamo. Tuttavia, l’autrice non scrive solo di sé, ma anche per sé, per attraversare i confini della sua terra e abbattere i retaggi che caratterizzavano la donna in quel momento storico.
Al contrario di Deledda, Karen Blixen (1885-1962) non scrive per glorificare la sua terra, la Danimarca, ma per emanciparsi. Blixen considera lo scrittore un sognatore, laddove l’esperienza onirica annulla la volontà dell’uomo, presentando dimensioni e immagini che sfuggono al suo controllo. A liberarla dalla Danimarca sarà anche la fuga in Kenya, esperienza che Blixen racconta nella Mia Africa e che – scrive Rossella Pretto nel suo invito alla lettura – «Le donò ciò che aveva sempre cercato per tutta la vita: la libertà da sé stessi e da un ambiente moribondo». Anche Irène Némirovsky (1903-1942), scrittrice russa naturalizzata francese, si sente esiliata nella sua terra, tanto che – ricorda Cinzia Bigliosi – scapperà dalla Russia pre-rivoluzionaria. Tuttavia, Némirovsky non sarà accolta dalla società francese, che mai la includerà.
In un’epoca polarizzata come il Novecento, l’identità e le idee determinano il destino di molti scrittori. Nel 1926 Grazia Deledda viene chiamata da Benito Mussolini dopo aver vinto il Premio Nobel, motivo di orgoglio per il regime. Il Duce le chiede cosa potrebbe fare per lei e Deledda suggerisce di liberare dal confino un suo paesano, Elias Sanna. Mussolini acconsente e al termine del colloquio un funzionario di partito domanda alla scrittrice come potrebbe ricambiare il favore e lei risponde che «l’arte non conosce politica». Il giorno dopo i suoi libri sembrano essere scomparsi dagli scaffali delle librerie italiane, nonostante il Premio Nobel. Un destino simile spetta anche a Némirovsky, che, per le sue origini ebraiche, a un certo punto della sua vita è costretta a scrivere sotto pseudonimo e a eliminare dalle sue opere ciò che ricorda il mondo semita.
Dunque, scrittura non solo come affermazione della propria esistenza, come chiave per aprire la porta di prigioni invisibili, ma anche come voce messa a tacere da chi è disposto a sacrificare la libertà. Ma il cuore non si può domare, e lo dice Laura Vallieri nel sottotitolo Cuore indomabile, che rende giustizia alla scrittrice impossibilitata a titolare in questo modo il romanzo che diventerà La via del male. L’espressione “cuore indomabile’’ si riferisce al protagonista Pietro, mosso da una passione tale da spingerlo a uccidere il marito della donna amata; ma anche a Deledda stessa, che si identifica totalmente nel personaggio. Anche Il coraggio, l’amore, l’ironia è un sottotitolo fortemente connesso all’identità di Karen Blixen. Come spiega Rossella Pretto, l’ironia risiede nella personalità coraggiosa della scrittrice, che, capace di gestire da sola una piantagione in Africa, si sconquasserà per amore. Infatti, a un’infanzia segnata dalla morte del padre seguiranno amori tormentati, scanditi da tradimenti, abbandoni, malattia e morte. Infine, il sottotitolo La scrittrice che visse due volte segue la medesima scia: non solo è evidente il collegamento alla pellicola La donna che visse due volte di Alfred Hitchcock, ma lo è anche quello alla vita di Némirovsky, scomparsa dalle librerie dopo il suo omicidio e ritornata in auge nel 2004 grazie alla pubblicazione del manoscritto di Suite francese.
Le penne di Grazia Deledda, Karen Blixen e Irène Némirovsky hanno valicato i confini geografici e generazionali, e le loro vite, dispiegate lungo la complessità del secolo scorso, consolidano la loro eternità. Tre voci, tre destini. Tre voci che si levano nella storia contemporanea e incontrano ostacoli che non le spengono, come prova l’eco che ancora oggi suscitano nei lettori e negli autori – nel nostro caso autrici – che scrivono di loro.