Franco Palmieri è uno scrittore cosmopolita, caso affatto raro nel panorama italiano all’interno del quale un esponente di tale fenomeno potrebbe essere rappresentato dal mitteleuropeo Magris; tuttavia, se si fa riferimento alle origini ebraiche di Palmieri, ecco che diventa più facile inquadrarne altri, come Edith Bruck, Ben Pastor, Giorgio Pressburger.
Un romanzo che interroga identità e memoria
Del respiro internazionale di Palmieri si dà prova inconfutabile nel recente L’altra parte di lei (Ikonos, Bergamo 2025, pp. 320, €15), romanzo di formazione (Bildungsroman) talmente ricco nei particolari memoriali, vivace e avvincente, da procurare non poche difficoltà in chi volesse cercarne precedenti simili nella narrativa italiana, forse Il giardino dei Finzi Contini di Bassani, Lessico famigliare della Ginzburg, Cronache di poveri amanti di Pratolini e alcune notevoli prove di Camon, Comisso, Sgorlon.
Un respiro ampio pervade ogni pagina del libro, che si legge con estremo piacere, perché analizza in profondità pensieri e sentimenti di Henry, un giovane ragazzo di origine ebreo-viennese che da New York giunge in un quartiere di Roma dove ancora brucia, sotto la cenere, il ricordo delle atrocità subite dalla gente sotto il fascismo. La domanda che il lettore avveduto si pone riguarda lo sgomento che si svela quando si avverte coscientemente la propria separatezza, con la conseguente esclusione dalla comunità, che non perdona tale atteggiamento, ritenendolo sfrontato, provocatorio, sfoggio di supponente superiorità. Se al centro del racconto è il popolo romano diviso in due dai fatti del recente passato, viene però in mente, a chi legge, una domanda che sembrerebbe paradossale, ma che non lo è: come ci si sente ad essere sottoposti a un esilio quotidiano, al nascere “diversi”, separati dal resto dell’umanità? Qual è la condanna che si sconta, se esiste?
È la questione che dà origine ai romanzi paradossali e oscuri di Kafka, ebreo di Praga, ma anche a quelli umoristici di Singer, ai potenti excursus storico-immaginativi di Abraham Yeoshua e infine offre ampia materia alla scrittura di Palmieri, che scava nell’umanità come pochi, con tale acribia e rigore da riportare con puntigliosità, con una qualità notevole e con asciuttezza, le vicende e i dialoghi che alcuni giovani intrattengono tra di loro soffermandosi su emozioni, dubbi, riflessioni, senza che mai il sentimento o la coscienza dell’autore si sovrapponga a quello dei personaggi.
La complessità dell’animo giovanile e il peso del passato
È in questa profondità di scavo, nel confronto tra un ragazzo ebreo e i suoi coetanei romani, che l’autore si spinge ad affrontare la realtà per interrogarne, anzi per pretenderne la verità.
Se esistono, le ragioni di una colpa incombente su di una razza, come può essere quella ebrea, ma che nel romanzo assume le forme dell’antifascista di Monteverde, ebbene, sono quelle che precedono la specie e il motivo della vita stessa. C’è un prima oscuro, un tempo che non si riesce a seppellire, che precede il male del presente e che investe la Vittima (il capro espiatorio) di turno. Di qui, la profondità del libro, che descrive con puntigliosità di scavo le esperienze di Henry, Sina, Clara, Leonora e dei loro congiunti e amici. Una precisione che il lettore avverte quasi come un accanirsi del narratore, l’esercizio di una crudele ferocia che analizza e notomizza pudori, ritrosie, perplessità dei ragazzi, raffigurati nei loro tormenti, nelle inquiete domande, negli assilli e nella ricerca della felicità, chiusi in sé stessi, pronti a un confronto con l’altro che spesso è uno scontro o un approssimarsi indeciso e sofferto, per il timore di cadute o delusioni.
Nel testo, c’è tutta la libertà dell’età giovanile, quella che consiste nel poter commettere errori, poi emendabili, di fraintendere, di mostrarsi innocente o fragile, forte o audace, di fronte a un mondo che pian piano si svela, con tutte le sue contraddizioni e che contribuisce ad affinare non solo la razionalità ma anche a determinare la complessità interiore, delineando e modellando le vite. Si è uguali in un mondo che a priori ha già stabilito le sue regole, e che dunque va interrogato, approfondendone i segreti, le virtù, le magagne, le menzogne: perché a tutto c’è una spiegazione, anche se si basa su contraddizioni, su errori che si sono accumulati nel passato e che hanno contribuito a creare fratture e incongruenze spesso incomprensibili per chi le esamina per la prima volta.
Dalla parte delle donne
L’educazione sentimentale e sessuale di Henry e la sua scoperta del mondo vanno di pari passo, egli le sconta sulla sua pelle, le soffre con la sua carne, perché impreparato alle vicende oscure della vita, nonostante un egoismo di fondo che lo aiuta a superare una certa solitudine. Ricco e agiato, sballottato tra Vienna, New York e Roma, dove la madre si ricostruisce una vita lontano dal figlio, costretto a scolpire la sua personalità senz’alcun aiuto, attraversa una condizione che lo renderà forte, ma lo segnerà per sempre, in un quartiere che non può dimenticare il suo triste passato, in cui i fascisti ricorsero a violenze, soprusi, persecuzioni d’ogni sorta. La storia viene vista dalla parte delle donne, di Leonora, Sina, Clara, le vittime più fragili, che pagano le conseguenze in modo molto intimo, a volte anche drammatico. Soltanto Clara cerca di risorgere, e si salverà dalle conseguenze tragiche che invece investiranno le altre protagoniste del romanzo, realista fino alla crudezza, perché forse non c’è scampo alle vicende dell’uomo, che deve scontare fino in fondo il privilegio di esistere.
Un romanzo acuto, possente, quello di Palmieri, intenso, profondo, vero, perché non racconta solo una storia, ma aggiunge vita e conoscenza al mondo del lettore, un romanzo sul mistero della memoria, che si cancella lasciando solo immaginazione, materiale di seconda mano con cui ciascuno costruisce la propria vita: la elabora, vivendo come la vuole, secondo la propria Weltanschauung.
Perle di saggezza adornano il testo, che spesso non dice e lascia all’intelligenza del lettore la ricostruzione dei fatti, poi solo accennata, fatto sta che il contenuto del titolo viene svelato nelle ultime pagine e se ne comprende anche la scelta della copertina, molto bella ed enigmatica.
La condizione dei popoli che subiscono le vessazioni dei potenti o dei ricchi, la libertà che si acquisisce con l’emancipazione personale, sentimentale ed economica, il ripiegamento sulla verità personale, che solo governa il destino di ognuno sono alcuni dei temi del libro, ricco di frasi e di dialoghi memorabili: «Mi piace stare qui, Henry, è tutto così tranquillo, anche le sensazioni qui sembrano nuove, […] i luoghi raccontano le persone, e io credo anche in modo diverso».
«Gli americani hanno sganciato la bomba atomica […]. Hanno bombardato le città tedesche, la gente», e qui come non pensare al popolo inerme che non ha difese contraeree e viene bombardato e posto allo stremo, il popolo di Gaza; «Quel passato non serviva nemmeno a sé stesso, perché i problemi dell’umanità erano rimasti gli stessi, delle persone cioè, dell’effetto che producono le esperienze emotive su coloro che le vivono e le subiscono».
Tutte le ferite si possono rimarginare, soltanto quella del passato continua a versare sangue, che la memoria non riesce a cicatrizzare, ma solo a tenerne desti i particolari dei lembi, quelli che tornano a rivivere nello splendente romanzo di ombre e di luci di Palmieri.
