Il Santo Padre Leone XIV ha esordito, sulla Loggia delle Benedizioni, con le parole di Cristo: «La pace sia con tutti voi», riprendendole dalla prima apparizione del Risorto ai discepoli (Gv 20). Ma lo stesso augurio compare un’altra volta, sempre nel Vangelo di Giovanni ma al capitolo 14, in una forma diversa che è quella che citiamo nella Messa: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace». E aggiunge Gesù: «Non come la dà il mondo, io la do a voi».
Ecco, l’idea di pace che emerge da quanto sta succedendo nell’Unio-
ne Europea non è esattamente quella citata dal Santo Padre.
Una piccola premessa, necessaria alle nostre coscienze. La Chiesa ha sempre riconosciuto la possibilità della “guerra giusta”, così come della legittima difesa, anche se la cosa può sembrare fuori moda. È un concetto assai complesso, che non è il caso di affrontare in questa sede. Ci serve per evidenziare l’ampio spettro di accezioni che la parola “pace” può avere e della varietà dei metodi per ricercarla, conseguirla e mantenerla, nell’esercizio di un nostro preciso dovere: il giudizio di coscienza.
La pace non è scontata
La versione Ue somiglia più al Si vis pacem para bellum degli antichi Romani, diciamo, che è un adagio non privo di saggezza. La cultura contemporanea ritiene che la pace sia un valore scontato e assoluto, ma la storia ci dimostra che essa è in realtà una conquista, che va difesa quando serve anche con la forza. Cosa sarebbe stato dell’Europa se gli Alleati non avessero combattuto il Nazismo?
Per poter tornare ai nostri giorni, dobbiamo fare un’altra premessa storica. L’Europa Occidentale è una piccola porzione del mondo nella quale non si sono combattute guerre negli ultimi 80 anni, ma questa è “soltanto” una lodevole eccezione, nel panorama mondiale e nei secoli. Vivere immersi in questa nicchia e in una società secolarizzata ci ha portato a perdere, nel tempo, un sano contatto con la realtà.
La secolarizzazione, in sintesi, è in buona parte conseguente all’influsso delle varie correnti idealiste, diverse dalla nostra matrice cattolica che, invece, è saldamente ancorata alla realtà. E il non dover combattere ci ha fatti lentamente scivolare proprio nelle utopie, al punto da farci ignorare le guerre che comunque ci hanno circondato, financo in Europa, come è accaduto nei Balcani.
Poi, il 24 febbraio del 2022 ci siamo svegliati con una secchiata d’acqua fredda: la guerra esiste ancora, ed è alle nostre porte.
Analizzando la reazione collettiva, dobbiamo ammettere che sia stata e continui a essere abbastanza polarizzata e isterica, in linea con i connotati salienti della società attuale. La tragedia è che viviamo in un momento e in un mondo pericolosi, nei quali abbiamo da una parte una classe dirigente di ben scarso livello e dall’altra una opinione pubblica i cui strumenti culturali – e la cultura non ha nulla a che vedere con la scolarizzazione, in questo caso – sono tanto immiseriti da poter essere manipolata con una certa facilità. Questa strana combinazione fa sì che i manipolatori siano per lo più esterni alla leadership politica e sottratti al fastidioso problema del consenso politico attraverso il voto.
Il primato del denaro
Dobbiamo ammettere francamente che il primato della politica sull’economia, come sulla difesa, sia tramontato da un pezzo.
A mio avviso, questo è chiaro nel momento in cui ci troviamo a parlare di “politica di difesa” senza alcuna cognizione di causa, mentre ciò di cui si sta effettivamente discutendo è di denaro. In una curiosa mistura di visioni ideologiche intrecciate e confuse.
Se stessimo parlando di “politica di difesa”, infatti, parleremmo – appunto – di politica. Saremmo nel pieno di un dibattito focalizzato su ben altri temi che 800 miliardi di euro.
Quali sono gli obiettivi strategici della Ue, in coerenza con i suoi valori e con i suoi interessi geopolitici? Che tipo di strumento si può delineare in funzione degli obiettivi? Quali sono le regole fondamentali alle quali attenersi nel costruire una capacità di difesa comune? Chi prende le decisioni in merito alla definizione delle minacce e delle contromisure? Quali sono i “confini”, non solo fisici, da difendere? Come si deve articolare la struttura di comando dello strumento militare, considerata anche la sua multinazionalità? A chi risponde questo strumento, quali sono le autorità politiche che lo governano e quali quelle militari che lo comandano?
E ancora, tutto questo come si armonizza con ciò che già esiste? In primis con la Nato, alla quale appartengono Paesi non Ue e non appartengono alcuni Stati membri. Le nazioni Ue che partecipano all’Alleanza Atlantica quali risorse possono far confluire nella difesa comunitaria e quali no? E l’arsenale nucleare francese dove si colloca? Come coordinare queste complessità?
Questo è il contenuto essenziale di una “politica di difesa”. Una volta data una risposta comune a tutte queste domande politiche (bastano tre anni?), si pone il tema assai complesso e determinante della costruzione della catena di comando, ripartita tra gli Stati membri nelle loro diverse componenti e con degli equilibri interni non semplici da definire. Catena che poi va costruita e testata e che, in coerenza con le decisioni politiche, deve proporre uno strumento che la politica stessa deve approvare.
Solo dopo aver definito tutto questo si può decidere se ci servano portaerei o corazzate, caccia o bombardieri, carri armati o blindati, data center o satelliti, porti e ferrovie, caserme, basi e depositi.
Curiosamente, noi “europei” stiamo facendo esattamente il contrario. Armiamoci e poi vediamo, parafrasando la proverbiale frase del poeta Lorenzo Stecchetti «armiamoci e partite».
Da cittadini, sarebbe bene chiedersi che cosa stiano facendo i nostri leader. Anzi, chiederlo a loro, dato che non sembra che lo sappiano esattamente.
Troppe divisioni
Ho chiesto all’IA un aiutino. Domanda: “a cosa serve Rearm Europe secondo Von Der Leyen”? Risposta: “Secondo Von Der Leyen, Rearm Europe serve a rafforzare le capacità militari dell’Unione Europea, in modo da poter meglio proteggere i suoi cittadini e interessi. Questo piano, proposto dalla Presidente della Commissione Europea, punta a potenziare la difesa comune europea in risposta alle sfide geopolitiche attuali. In sostanza, Rearm Europe mira a rendere l’Ue più indipendente e resiliente in materia di sicurezza, e a contribuire alla stabilità globale, secondo quanto dichiarato da Von Der Leyen nel discorso del 4 marzo 2025”.
O l’IA non è efficiente come ce la vendono o i conti non tornano. L’unica parola che già possegga una definizione in sede Ue è “cittadini”, che siamo noi che abbiamo titolo a un passaporto amaranto.
Non si possono rafforzare le capacità militari della Ue, perché non esistono. Non si possono proteggere gli interessi Ue, perché non sono formalizzati né totalmente condivisi. Anzi, noi e francesi, per esempio, ne abbiamo di contrastanti in molti campi. E non si può potenziare una difesa comune, dato che non esiste.
In attesa di poter chiedere dettagli ai nostri leader politici, chiediamoci anche altro. Per tornare alla saggezza degli antichi Romani, una buona domanda è sempre il cui prodest? Chi ne trae vantaggio? È una domanda le cui risposte potrebbero non piacerci. Quindi iniziamo scartando quelle palesemente false.
Non serve a spendere bene. Fare acquisti ciascuno per proprio conto non è inutile, ma controproducente. Si compra a prezzi più alti, sicuramente finiamo per comprare dei doppioni e magari non comprare quello che davvero serve, e compriamo cose così diverse che poi un camion italiano in Danimarca non trova nemmeno pezzi di ricambio.
Non serve a compensare una ipotetica minaccia russa conseguente al suo riarmo. L’Ue spende già considerevolmente più della Russia, anche considerando che la Russia sta combattendo e i Paesi Ue stanno rimpiazzando le forniture all’Ucraina. Siccome su questo punto alcune notizie di stampa frettolose sono state assai imprecise, segnalo un pregevole studio a cura dell’Osservatorio dei Conti Pubblici Italiani (CPI) a firma di Alessio Capacci, Carlo Cignarella, Carlo Cottarelli1.
Mi dispiace sinceramente di lasciare i miei manzoniani venticinque lettori con più dubbi di prima. Ma ogni tanto avere dubbi è molto sano.
1 A. Capacci, C. Cignarella, C. Cottarelli, “Facciamo chiarezza: nel 2024 la spesa militare europea eccedeva quella russa del 58%”, Osservatorio Cpi, 22
febbraio 2025.