Il 26 giugno del 1975 moriva a Roma san Josemaría, fondatore dell’Opus Dei, definito da san Giovanni Paolo II, nel giorno della canonizzazione, il santo del quotidiano. Considero una grande grazia i quattro lustri di frequentazione e, in particolare, i quattro anni vissuti nella casa centrale dell’Opus Dei insieme a lui. Fin dal primo incontro ci si sentiva a proprio agio con lui. La prima impressione era di una straordinaria unità di vita, fatta di un’umanità schietta e simpatica che passava con estrema fluidità a una dimensione di ricca vita interiore, con orizzonti immensi di apostolato e una cura sempre attenta alle piccole cose che lo circondavano, socievole e di profonda intimità spirituale. Di questa unità di vita rimane abbondante traccia nei numerosi filmati disponibili. Ciò che è più difficile cogliere nei filmati, ma che in realtà colpiva ancora di più, era la sua capacità di farti sentire amato. Se ti correggeva non solo non sentivi l’umiliazione, ma percepivi il suo apprezzamento delle tue doti nascoste. Lo sentivi dalla tua parte, e mai giudicato. Tutti desideravamo passare tempo accanto a lui e non perdevamo occasione per ascoltarlo.

Questo spiega solo in parte la sua fecondità apostolica. Il modo con cui lo Spirito Santo viene incontro ai bisogni della Chiesa nei versanti della storia in massima parte è attraverso fondatori che rinnovano il carisma di Pentecoste. In genere li si ritiene carismi particolari, ma in realtà ogni fondatore vuol tornare agli inizi, al messaggio cristiano genuino. Carismi particolari sono quelli più legati a una persona. I fondatori non propongono un Vangelo diverso, ma sono estremamente efficaci nel coinvolgere tanti fedeli in cammini di santità. San Josemaría è stato ispirato da Dio per «aprire i cammini divini sulla terra», come amava dire. Aprire il dono del Vangelo vivo a tutti i battezzati, in qualunque situazione di vita ci si trovi a vivere. È il messaggio della chiamata universale alla santità, dopo secoli in cui si distinguevano due cristianesimi, quella dei precetti e quello dei consigli evangelici concretati nei tre voti degli ordini religiosi, confinando la santità soltanto tra questi. In modo particolare il dono proprio del messaggio di san Josemaría riguarda i fedeli immersi nel quotidiano, nelle occupazioni civili, culturali e familiari di chi vive nel mondo.

In un’epoca in cui il pluralismo culturale andava sfaldando la compattezza di tradizioni secolari, basate sulla dimensione religiosa presente nel cristianesimo, pur ridotto al sacro e ai precetti morali, lo Spirito Santo apriva le porte della santità a tutti i battezzati, non solo con un pensiero teologico, ma con l’efficacia di un cammino carismatico in mezzo al mondo. La religione è il rapporto con un Dio trascendente, lontano, attraverso il sacro: sacerdoti, luoghi sacri, sacramenti, tempi sacri (le feste). Il sacro è legato all’istituzione religiosa, necessariamente presente anche nel cristianesimo. Ma il proprio del cristianesimo è nel dono del Vangelo, della vita trinitaria o vita eterna, che Gesù ci ha guadagnato con l’incarnazione e il mistero pasquale di morte e risurrezione. Pentecoste inaugura il Regno di Cristo, la Nuova ed eterna Alleanza. Il Dio lontano delle religioni si è fatto estremamente vicino, intimo: Dio in noi. Il Dio Amore, lo Spirito Santo, entra in noi, ci fa «familiari di Dio» (cfr Ef 2, 19). La religione, confusa di idolatria, è connaturale a ogni essere umano, anche se si dichiara ateo; la Risurrezione di Gesù non è “naturale”, e così la filiazione divina che il battesimo opera nel cristiano. Se la cultura secolarizzata svuota la vita religiosa, la comunione intima con Dio, in Cristo, opera legami nuovi, “comandamento nuovo”, non solo con le tre persone divine, ma tra i fedeli che si lasciano abitare dallo Spirito Santo, in una comunione che scende dalla Trinità. Dove ci sono cammini di santità, in comunione operata dal carisma di Pentecoste, il Vangelo fiorisce. Ecco il messaggio affidato da Dio a san Josemaría: non accontentarsi della religione, ma puntare alla santità, che è carità.